La prima Croce processionale è manufatto di considerevole pregio qualitativo afferente al tesoro donato dalla regina Giovanna I di Napoli (1326- 1382) alla chiesa di San Pietro in Alba Fucens, un cospicuo corpus di opere di significativo prestigio provenienti da un corredo liturgico assai notevole per pregnanza stilistica e valenza compositiva, qualità espresse precipuamente nella ricchezza del repertorio figurativo, nella ricercata lavorazione dell’ornato, nel plastico modellato delle figure e nel sapiente utilizzo di smalti, peculiarità foriere di influssi provenienti dalla cultura artistica sia francese sia senese, testimonianze di eccezionale spettacolarità formale e vividezza cromatica. Il citato tesoro fu successivamente traslato all’interno della chiesa di San Nicola in Alba Fucens, luogo mistico che nel corso della storia ha attraversato rilevanti vicissitudini, primo fra tutti il disastroso terremoto marsicano del 1915, cataclisma che la rase completamente al suolo, dove giacque sotto forma di macerie fino al 1936, anno in cui i frammenti superstiti dell’intera struttura architettonica vennero trasferiti a valle e ivi ricomposti, stabilendo il nuovo e odierno assetto dell’edificio cultuale.
La Croce si compendia in accordo al seguente modulo: al centro del recto stanzia Gesù crocifisso, ai piedi della Croce il monte Calvario con il teschio, simbolo del primo uomo; in alto l’Eterno benedicente, nelle restanti formelle gli evangelisti con un libro in mano. Al centro del verso si stagliano il Redentore benedicente assiso in trono, affiancato da san Giovanni e da un evangelista, in alto la Vergine, in basso la figura di un angelo, nella formella inferiore un frate francescano. Il manufatto, circoscritto e decorato da un motivo paratattico costituito da minute sfere dorate, consta di un fondo lavorato a racemi vegetali. A causa della mancanza di punzoni è impossibile risalire all’artista e alla bottega artigianale d’origine. L’iconografia rispetta l’impianto tradizionale, tuttavia alcune formelle sono state ricollocate in maniera inesatta nell’ambito di un precedente restauro, in merito al quale dati, fonti e notizie risultano inesistenti, ma che l’attuale intervento conservativo ha maggiormente evidenziato attraverso la pulitura: la Vergine e san Giovanni, oggi sul verso, dovevano occupare il recto, gli evangelisti presenti nel recto dovevano invece essere incardinati sul retro.
La seconda Croce processionale, afferente al medesimo corredo liturgico fucense, si struttura in accordo a un compendio compositivo similare e tangente al pezzo analizzato poc’anzi, presentando sul recto, al centro, Gesù crocifisso affiancato dalla Vergine e da san Giovanni circondato da figure di guerrieri, in alto l’Eterno Padre benedicente troneggiante su una pletora di teste cherubiche, in basso è raffigurata la Pietà, mentre sul verso si stagliano al centro il Redentore assiso in trono, nei quattro terminali trilobi gli evangelisti, mentre i bracci recano inequivocabili tracce di medaglioni contenenti presumibilmente immagini di santi. La differente decorazione a motivi floreali e girali vegetali incardinata sullo sfondo della Croce è testimonianza di ripetuti rimaneggiamenti. Il manufatto, ascrivibile con certezza all’area peligna, come attesta la punzonatura con ben due bolli «SUL», infatti, sottolinea con evidenza la realizzazione su lamine riconducibili a due periodizzazioni differenti, una datazione maggiormente tardiva per recto e verso, mentre per le costole si è avanzata un’ipotesi di esecuzione tra il 1432 e il 1457. A tali notazioni è opportuno annettere alcune riflessioni e considerazioni desumibili grazie al recente intervento di restauro. La pulitura del pezzo, infatti, denota chiaramente inserti metallici di diversa fattura (visibili, sul recto, nella regione circostante Cristo crocifisso e in alcuni dettagli dei volti dei personaggi stanti nelle formelle terminali, in particolare della Vergine, di san Giovanni e delle testine cherubiche; nel verso è da sottolineare la presenza di elementi estranei nel trilobo di san Marco e nel busto di san Giovanni evangelista), tanto da far supporre che per l’oggetto siano state utilizzate partiture di reimpiego derivanti da altri elementi di corredo liturgico.