Ciascuno dei due candelieri è composto da nove pezzi in cristallo di rocca, sferici e poliedrici, sostenuti da un’asta di rame argentato. La montatura è in argento lavorato a sbalzo (ovvero modellato a rilievo, martellando dal rovescio la superficie) e a niello (tecnica consistente nel riempire i solchi dell’incisione sulla lamina con un composto nero). Particolarissima è la tipologia della base, in forma di campana polilobata, su cui sono incisi motivi animalistici favolosi (uccelli e draghi) e poggiante su tre piedini costituiti da altrettanti busti di leoni.
I due candelieri figurano, fin dall’inventario stilato nel 1325, nel Tesoro della Basilica marciana di Venezia. Si tratta di due manufatti artistici molto preziosi, come rivela il fatto che essi, nel catalogo del Tesoro redatto dal duca Leopoldo Cicognara (1816-1820), sono stimati 400 lire, circa il doppio di altri oggetti di analoga funzione presenti nella stessa collezione. L’eccellenza di questo lavoro di oreficeria è inoltre testimoniato dalla fortuna critica che le opere ebbero in passato, e che continuano ad avere anche ai nostri giorni, se nel 2001 la Curia patriarcale ha incaricato una ditta orafa di Venezia di trarne due copie.
Questi sontuosi oggetti sono riferibili alla produzione di una bottega veneziana dimagisteri cristallarii (“maestri del cristallo”), attiva alla fine del Duecento. Quanto alla singolare presenza di figure leonine sul piede dei manufatti, con funzione decorativa e di sostegno, è modulo stilistico che deriva da modelli fiamminghi o inglesi.
Le superfici metalliche erano scurite a causa della solforazione dell’argento, la formazione di cloruri d’argento e sali di rame, la sedimentazione della polvere e di sostanze grasse e cerose. Gli oggetti sono stati smontati e puliti impiegando solventi (trielina, acetone, alcol con polvere di carbonato di calcio e bicarbonato di sodio, acido formico, tiourea). Dopo i lavaggi in acqua deionizzata, le superfici sono state disidratate e quindi protette con resina nitrocellulosica. Una lacuna della base è stata risarcita fissando una laminetta d’argento con resina epossidica. Ci si è avvalsi di resina epossidica anche per integrare scalfitture e mancanze ai bordi di alcuni elementi in cristallo. È stata inoltre raddrizzata una delle aste in rame.
Redazione Restituzioni