Dinamismo di un corpo umano viene realizzato da Umberto Boccioni nel 1913.
Il concetto di dinamismo è presente nella ricerca di Boccioni già all’indomani della sua adesione al futurismo, tanto che nel Manifesto tecnico della pittura futurista, da lui redatto nel 1910, si parla di “dinamismo universale” che deve essere reso come “sensazione dinamica” poiché “il moto e la luce distruggono la materialità dei corpi”.
Da questo primo concetto ne derivano altri due che l’artista sviluppa nel corso del 1912 a partire da due opere esemplari: Elasticità, in cui affronta il tema del moto di un oggetto nello spazio non come successione di istanti ma come continuità di forme (dinamismo relativo) e Materia, dove intende rappresentare il potenziale dinamico degli oggetti a contatto con altri oggetti e con lo spazio che li ospita (dinamismo assoluto).
Successivamente Boccioni si dedica alla scultura con l’intento di trovare nella terza dimensione il modo di restituire il concetto di “dinamismo plastico” che nel frattempo sta portando a definizione. Infatti, nel Manifesto tecnico della scultura futurista del 1912 scrive: “La cosa che si crea non è che il ponte fra l’infinito plastico esteriore e l’infinito plastico interiore, quindi gli oggetti non finiscono mai e si intersecano con infinite combinazioni di simpatia e urti di avversione”. Alla luce dei risultati ottenuti con la scultura, Boccioni torna alla pittura, sperimentando modalità e tecniche atte alla rappresentazione del “dinamismo plastico” che, in Pittura Scultura Futuriste (Dinamismo plastico) del 1914, viene così definito: “il Dinamismo è una legge generale di simultaneità e di compenetrazione […] Interpretando la mobilità di questa evoluzione, che è la vita stessa, noi futuristi abbiamo potuto creare la forma tipo, la forma delle forme, la continuità!”. Oltre alle scoperte scientifiche (basti pensare ai raggi X), è soprattutto la filosofia di Henri Bergson ad aver avuto un forte impatto sul pensiero di Boccioni: il filosofo francese, infatti, concepiva il tempo come un continuo fluire, non frammentabile in unità minime misurabili. Boccioni di fatto traduce questa “continuità” nell’arte, riuscendo a restituire attraverso il mezzo pittorico il concetto metafisico di “dinamismo plastico” e raggiungendo il massimo risultato proprio con i dipinti dedicati al dinamismo del corpo umano del 1913, di cui quello presentato in mostra è forse l’esempio più alto.
In Dinamismo di un corpo umano il dinamismo è restituito tramite forme concave e convesse, attraverso l’uso di colori complementari e stesi in materici ed evidenti tocchi di pennello giustapposti.
Dinamismo di un corpo umano entra nelle raccolte artistiche del Comune di Milano nel 1934, grazie alla donazione del commerciante torinese Ausonio Canavese. L’importanza dell’opera si evince dalla sua fortuna espositiva, anche se, a causa delle lunghe trattative tra il Comune di Milano e Canavese, essa non poté figurare nella grande retrospettiva Omaggio futurista a Umberto Boccioni organizzata dal Castello Sforzesco, da Filippo Tommaso Marinetti, Enrico Prampolini e Giorgio Nicodemi.
La storia espositiva di questo dipinto è di primaria importanza. Esso figura alla Prima esposizione di pittura futurista a Napoli nel 1914 e alla Grande esposizione. Boccioni pittore e scultore futurista allestita a palazzo Cova nel dicembre del 1916 da Marinetti; viene esposto in due mostre in memoria di Boccioni nel 1920 e nel 1924 e, sempre nel 1924, compare nella monografica curata da Marinetti a Bottega di Poesia; all’estero, è presente nel 1920- 1921 a Ginevra e nel 1921 a Parigi, con altri pittori futuristi in una mostra curata da Marinetti; e poi ancora nel 1925 a Roma, nel 1926 alla IV Esposizione d’arte delle Tre Venezie a Padova e di nuovo a Milano nel 1927.
Successivamente, è nel dopoguerra che viene recuperata la dimensione internazionale del futurismo. Innanzitutto, il dipinto è esposto in occasione delle mostre all’estero che la Biennale ha ripreso a organizzare dopo la pausa dovuta al secondo conflitto mondiale, a Losanna e Lucerna nel 1946 e al Cairo nel 1949. Nello stesso 1949 il dipinto è presentato poi alla celebre mostra Twentieth-Century Italian Art organizzata da Alfred H. Barr e James Thrall Soby al MoMA di New York.
Il quadro, ritenuto come “uno dei contributi più originali e autonomi dell’avanguardia storica italiana” – sono le parole di Guido Ballo, che tra le altre cura una mostra monografica nel cinquantesimo anniversario della morte di Umberto Boccioni –, ha presenziato a diverse rassegne monografiche e collettive: nella mostra itinerante americana con tappa al MoMA, a Detroit e Los Angeles nel 1961, alla prima mostra parigina dedicata al movimento d’avanguardia italiano nel 1973 e nuovamente a New York nel 1989.
Negli anni successivi è stato esposto numerose volte, soprattutto in mostre milanesi volte a diffondere la conoscenza del patrimonio a una vasta platea di spettatori prima dell’apertura del Museo del Novecento, come le grandi retrospettive Boccioni e il suo tempo nel 1973 e Boccioni a Milano nel 1983, Boccioni: pittore scultore futurista nel 2006-2007, e infine Boccioni 100 in occasione del centenario della morte.