Il Calvario della chiesa del Gesù Nuovo, costruita tra il 1584 e il 1597 e consacrata nel 1601, è tra le opere più note e importanti realizzate a Napoli al passaggio tra Cinque e Seicento in legno intagliato, dipinto e dorato. È ricordato già nel 1692 dalla guida di Celano (e in seguito da altre fonti locali) come di mano dell’“accurato scultore in legno” napoletano Francesco Mollica, poi celebrato da De Dominici (1742-1745) come allievo del toscano Michelangelo Naccherino. Fu restaurato e presentato nel 1950 alla mostra delle Sculture lignee nella Campania, sempre riferito a Mollica e datato alla seconda metà del Cinquecento, e così sempre citato da tutti gli studi successivi sino a quelli della Staffiero (2000; 2002; 2005; 2007), che in ultimo ha provato a riferire a Mollica e alla sua bottega, partendo dal confronto col nostro Calvario – meglio datato intorno al 1610 sulla base dell’anno di nascita dell’artista riferito da Galanti (1845), “verso il 1589” – le maggiori sculture in legno prodotte a Napoli nel primo Seicento, dai Dolenti dei Santi Filippo e Giacomo agli Angeli custodi del Gesù Nuovo e di San Domenico Maggiore. Del Francesco Mollica ricordato dalle fonti non esiste però, a differenza degli altri intagliatori Matteo e Giacomo Antonio Mollica, alcun riscontro nei documenti d’archivio, ed è possibile che l’equivoco di Celano sia nato a causa della presenza su una delle tre statue d’una firma «Mollica» seguita dalla «F.» di «Fecit» e scambiata per l’iniziale del nome “Francesco”, ipotesi avvalorata dal recente ritrovamento nella chiesa di San Domenico a Montemurro di due busti dei Santi Tommaso d’Aquino e Pietro martire firmati «Mollica Fecit» e datati 1651. Il Crocifisso del Gesù Nuovo appartiene a un gruppo di Cristi in croce “caratterizzati dalla cultura figurativa propria degli intagliatori napoletani sul crinale del 1600, […] di tardo-manierismo ‘riformato’, a giorno dei risultati dei toscani immigrati Naccherino e Montani, […] a suo modo classicista e però non priva di accenti realistici e devoti, in grado di intessere un fecondo colloquio con la Spagna di Gregorio Fernández, di Juan Martínez Montañés […] ma anche […] di Leone e Pompeo Leoni e del Calvario bronzeo della Capilla Major dell’Escorial”; un gruppo – composto ad esempio dai Crocifissi delle chiese napoletane dello Spirito Santo, di Santa Maria di Costantinopoli, Santa Teresa agli Studi, San Lorenzo Maggiore, Santa Caterina da Siena e San Carlo alle Mortelle, di Santa Maria dell’Olivella a Palermo, di San Giovanni Battista a Vietri, della cattedrale di Nicotera o della chiesa della Santa Croce a Oliena – al cui interno quello del Gesù Nuovo spicca sia per la sua monumentalità, alto com’è oltre due metri, sia per il fatto d’essere corredato dai due Dolenti, secondo una prassi dal dichiarato intento scenografico e devozionale ben documentata a Napoli e nelle province a cavallo tra Cinque e Seicento. L’odierno restauro e le indagini diagnostiche a esso collegate, oltre a restituire al gruppo una maggiore leggibilità, a valorizzare la ricca decorazione a estofado dei Dolenti e a rivelare che le tre sculture furono intagliate in legno di tiglio, ha evidenziato ancor più le differenze di fattura fra di esse notate da Scano (2007) e Gaeta (2015), accentuate dall’inserzione, è da credere nel Settecento, degli occhi di vetro e dalla conseguente rifazione degli incarnati dei volti dei Dolenti. La cappella del Crocifisso in cui il gruppo è conservato ab antiquo aveva già questo titolo prima del 1659, e nel 1684-1685 i gesuiti la facevano affrescare da Giovanni Battista Beinaschi con Storie della Passione. È dunque verosimile che il Calvario vi fosse già a inizio Seicento, al tempo in cui anche le altre cappelle venivano dotate e decorate. Nel corso di quegli anni i documenti riferiscono di un pagamento del 1606 dello scultore Nunzio Maresca al pittore Taurella “per la pittura et scraffiatura di due statue che fa per la chiesa del Giesu” – chissà se almeno in parte identiche alle nostre, due delle quali appunto “sgraffiate” – e di altre sculture in legno commissionate dai gesuiti, alcune esplicitamente per la chiesa, ancora ai Maresca, a Giovanni Battista Gallone e specie ad Aniello Stellato.
Restituzioni 2022. Guida alla mostra
a cura di Carlo Bertelli, Giorgio Bonsanti, Carla Di Francesco, Milano 2022 (guida cartacea)