Possiamo agilmente seguire all’indietro il percorso di questa Croce ora nei Musei Vaticani: quest’opera e i tre ovali che la accompagnavano (cfr. Restituzioni 2004, scheda n. 45) vennero acquistati da Pio IX presso il Ricovero di Mendicità (o Spedale degli Abbandonati) di Bologna nel 1855 e donati alla Biblioteca Vaticana (1857). Allo Spedale degli Abbandonati i manufatti erano arrivati grazie a una donazione della famiglia Marescotti (come rivela una notizia riportata da Casabianca nel 1863), che a sua volta li aveva avuti in dono da un commissario francese in seguito alle soppressioni napoleoniche. Risalendo di tre secoli è possibile identificare (come ha fatto lo Zorzi) il complesso con quella «croce di cristallo divina» che il Vasari nell’edizione giuntina delle Vite (1568) ricorda realizzata da Vincenzo Belli per papa Clemente VII (al secolo Giulio de’ Medici), notizia confermata anche dall’inventario del pontefice. La data di acquisto registrata dall’inventario, 1524, corrisponde perfettamente allo stile degli intagli e può essere messa in relazione con una serie di pagamenti registrati nelle spese private del Papa.
La Croce, intagliata nel cristallo con la tecnica del rilievo a incavo, è costituita da cinque lastrine figurate, legate in una montatura d’argento dorato e giuntate da quattro laminette di rame in corrispondenza degli elementi terminali. La figura del Cristo al centro è squisitamente classicheggiante, ed è circondata, come da consuetudine iconografica, dalle figure a mezzo busto dei quattro Evangelisti, posti alle estremità dei bracci a rappresentare il collegamento tra l’umano e il divino. L’intaglio è opera autografa del vicentino Valerio Belli, orafo e incisore di gemme tra i più celebrati del suo tempo. Numerosi studiosi mettono in evidenza tra l’altro quanto le figure degli apostoli «con i loro ampi panneggi classicheggianti e la commossa eloquenza delle loro bellissime teste» (Shearman) risentano con tutta probabilità dell’influenza dei dipinti di Raffaello sullo stesso soggetto, che il Belli aveva avuto modo di ammirare a Roma.
Il restauro è iniziato con lo smontaggio delle parti in cristallo e con il contenimento, ove possibile, dei dissesti di natura meccanica. Solo a questo punto si è proceduto con la pulitura vera e propria, eseguita con applicazioni di EDTA trisodico e bicarbonato, acqua deionizzata e alcol, alternati a risciacqui in acqua deionizzata e successiva disidratazione. Alla fine dei trattamenti è stato applicato un film protettivo (Zapon in diluente nitro) per mantenere invariati il più a lungo possibile i parametri di tonalità, lucentezza e luminosità delle superfici.
Redazione Restituzioni