Il ricco corredo funerario, ben conservato nella sua integrità, era posto a completare la sepoltura a inumazione di un defunto di sesso femminile, come attesta la presenza di raffinati gioielli d’oro: una splendida parure formata da una coppia di orecchini a molla, due pendenti, cinque anelli d’argento e un anellino di bronzo, forse residuo di un anello di bronzo dorato, non da dito. E, ancora, tre fuseruole, due di ceramica a vernice nera e una di pasta vitrea azzurra, singolari testimonianze dell’armamentario della filatura. È presente inoltre una brocca dalla stretta imboccatura sagomata di ceramica comune non rivestita, trovata nella zona del capo della defunta, nel posto riservato a oli e unguenti.
Il resto del corredo è costituito da un servizio da banchetto, composto da pochi e semplici elementi: due scodelle a vernice nera, un piatto da pesce con il caratteristico incavo per la salsa, sempre di ceramica a vernice nera, e infine una scodella di ceramica grigia. Due olle di ceramica grigia, una grande e una più piccola, un’anfora di tipo greco-italico e alcuni reperti di ferro, di difficile identificazione, completano il cospicuo corredo adriese.
L’insieme è stato rinvenuto durante gli scavi effettuati nel 2007 presso la necropoli “del Canal Bianco”, nell’area dell’Ospedale civile di Adria, in un limitato settore di sepolture a incinerazione di età romana sovrapposte a sepolture a inumazione di età ellenistica.
Il corredo appartiene alla tomba 15 e proviene da un gruppo di sepolture collocate ai lati di un tratto di rilevato stradale di età preromana. La peculiare fattura dei gioielli, molto fine, riconduce i reperti agli ultimi decenni del III secolo a.C.: si tratta di modelli ben attestati ad Adria nella seconda metà del III e inizi del II secolo a.C., di produzione verosimilmente locale, ma legata a una tradizione artigianale etrusca. Modesta è invece la qualità degli altri oggetti, legati anch’essi alla produzione adriese, come suggeriscono alcuni dettagli stilistici: le palmette radiali impresse nelle scodelle a vernice nera e le costolature orizzontali della piccola olla in ceramica grigia, secondo un motivo diffuso ad Adria e nell’area veneta di età ellenistica.
Il restauro è consistito nella pulitura, ricomposizione dei frammenti e, per i reperti in ceramica, nell’integrazione delle lacune, nonostante lo stato di conservazione generalmente buono, eccetto qualche frattura e scalfittura.
Per i gioielli in oro si è proceduto con la pulitura in acqua demineralizzata, l’essicazione e l’incollaggio, mentre per i cinque anelli d’argento è stata effettuata la pulitura meccanica, seguita da applicazioni di impacchi di ammonio o bicarbonato di sodio, a seconda dell’esigenza, e infine la pulitura in acqua distillata, l’essicazione e la stesura di un film protettivo (Paraloid B-72 all’1% in acetone). I due frammenti di anello in bronzo sono stati puliti con spazzolini in fibre di vetro, per poi essere sottoposti a un trattamento inibitore della corrosione, seguito da trattamento protettivo (Paraloid B-72 all’1% in acetone). Pulitura con acqua distillata, pennelli e bisturi, essicazione e applicazione del film protettivo (immersione in Primal AC 33) sono stati effettuati anche per la fusaiola in pasta vitrea. Per i reperti in ferro, che presentavano un alto grado di mineralizzazione, si è proceduto invece con una delicata pulitura meccanica mediante bisturi, pennelli e spazzolini di fibre di vetro: una particolare attenzione è stata riservata a una presunta lama di coltello, sulla quale si è proceduto solo dopo l’applicazione di carta di riso e il consolidamento con Paraloid.
Redazione Restituzioni