L’importante necropoli individuata sul pianoro di San Brancato, località calabrese sul Mar Tirreno che ricade entro l’odierno territorio comunale di Tortora, rappresenta una tra le realtà archeologiche maggiormente significative per lo studio delle comunità indigene dell’Italia meridionale. Tra le numerose tombe che costituivano la necropoli, sviluppatasi tra la seconda metà del VI e gli inizi del III secolo a.C., la tomba 113 spicca per quantità e qualità di oggetti che componevano il corredo.
Entro una cassa tombale costituita da tegoloni in terracotta era conservato lo scheletro di una donna intorno ai quarant’anni disposta supina con anello d’argento al dito e una fibula in ferro, in origine a ornamento della veste.
Il corredo, composto da più di quaranta pezzi di livello qualitativo piuttosto alto, permette di considerare la defunta un membro di rilievo all’interno della comunità lucana cui essa apparteneva.
Prevalentemente disposti lungo il fianco sinistro e ai piedi della defunta sono stati trovati un’olla acroma (tipico vaso di produzione locale per contenere liquidi o granaglie) e un’hydria, il vaso che doveva contenere l’acqua utilizzata nel rituale funerario. Per il rito dovettero essere adoperati anche un piatto a vernice nera per la libagione, un guttus a vernice nera per gli olii, due skyphoi per bere e, forse, le lekanides come vasi da portata.
Tra gli oggetti più cari alla defunta vi era poi il suo set da cosmesi, composto da strumenti in ferro, una conchiglia usata come trousse per terre colorate, unguentari (lekythoi, epichysis, bombylios) e pissidi per contenere belletti. Inoltre, a segnare la condizione di donna coniugata, il lebete (lebes gamikos), forma tipicamente connessa alla realtà nuziale, venne deposto in due esemplari.
Tali materiali permettono un inquadramento della sepoltura tra il 340 e gli anni iniziali del III secolo a.C. e rimandano alla sfera femminile sia per forme che per funzioni. L’intero gruppo dei vasi figurati, poi, sembra testimoniare l’interazione tra due o più botteghe che probabilmente vennero in contatto proprio in occasione di una commessa in comune e che ruotarono attorno al ‘Pittore di Haken’.
Gregorio Aversa
Foto d’insieme del dopo restauro: Domenico Critelli, Brettion Multimedia