Nel 1604, Marcantonio e Scipione Caldogno, di nobile famiglia vicentina, donarono questa splendida collana al Santuario della Madonna di Lonigo, appartenente fin dall’epoca più remota ai benedettini di Santa Maria in Organo. Il santuario ebbe particolare fama, anche al di fuori dei confini regionali, in seguito ad un miracolo avvenutovi nel 1468.
La collana si compone di nove grosse maglie traforate e rifinite a bulino, e porta un pendente a forma di medaglia con lo stemma dei committenti, circondato dall’iscrizione in caratteri capitali: “M.ANT. E SCIPION.CALDOGNI 1604”. Al centro di ciascuna delle quattro maglie laterali è infisso un castone quadrato dai bordi scanalati, con un perno assicurato da un anellino sul retro. L’elemento centrale è impreziosito da un castone di dimensioni maggiori, un ottagono irregolare cesellato con piccoli motivi a forma di petalo. La pietra centrale e le due trasparenti, più piccole, sono quarzi naturali, mentre gli altri castoni racchiudono paste vitree di qualità tale da suggerire una provenienza veneziana. Le maglie d’oro sono particolarmente raffinate nella lavorazione a giorno dalle linee molto nette con effetti di grande leggerezza, e con motivi che si ripetono in modo alternato. Alcune superfici sono coperte di smalti translucidi nei colori blu, verde turchese e bianco opaco. Il rosso è usato solo per l’aquila del pendente, realizzato con eleganza e maestria. Si nota tuttavia un mancato equilibrio delle parti, soprattutto nel rapporto tra l’esuberanza decorativa della catena, che rinvia a modelli ancora cinquecenteschi, e la più misurata e sobria fattura del pendente. L’ipotesi più accreditata porta a pensare che le due parti non costituissero un insieme unitario fin dall’origine, pur provenendo probabilmente dalla stessa bottega orafa, magari vicentina. È possibile cioè che la collana sia stata dotata del pendente proprio in occasione della donazione al santuario.
La collana non presentava problemi di conservazione dovuti a corrosione o alterazioni del metallo. Alcuni problemi si evidenziavano invece per gli smalti e per alcune pietre sulla cui superficie si notavano alcune rigature ed abrasioni superficiali. Un anellino di blocco dei castoni inoltre era andato perduto. Un sottile strato di sostanze grasse si era inoltre depositato su tutte le superfici. L’intervento di restauro si è limitato alla pulitura sotto stereoscopio a 25 ingrandimenti, effettuata con microtamponi imbevuti di acqua dejonizzata e con solventi organici, e al consolidamento sotto stereoscopio, degli smalti deteriorati con applicazioni di resina acrilica (Paraloid B72) in soluzione al 2% in tricloroetano. Con una stretta legatura di filo di nylon è stato fissato il castone che aveva perduto il suo anello di blocco.
Redazione Restituzioni