Il calice, in argento dorato, presenta un piede a sei lobi alternati a sei punte. Il nodo è adorno di foglie e di sei dischi di smalto traslucido (tecnica per cui un sottile strato di smalto viene stesa sulla superficie metallica incisa a bassorilievo), raffiguranti rosoni di diversi colori. Sui due rocchetti esagonali, collocati sul fusto sopra e sotto il nodo, si trova un’iscrizione a smalto champlevé (tecnica per cui lo smalto viene applicato in appositi alveoli scavati sulla superficie metallica) che recita: D[OMINA] VRSVLA MONIALIS MCCCCI / S[AN]C[T]E MARGARITE FECIT FIERI / PRO ANIMA LENVCIE SVE MATRIS.
La provenienza della suppellettile è registrata da un verbale di consegna, redatto nel 1813, che elenca otto oggetti sacri provenienti da Spoleto e affidati al Museo Sacro della Biblioteca Vaticana: tra questi, è nominato un calice che, ragionevolmente, si fa corrispondere al nostro esemplare.
Molte informazioni sul pezzo si evincono dal contenuto dell’iscrizione. In essa viene indicata la data di realizzazione, 1401 (MCCCCI), e vengono menzionati due nomi la cui diffusione conferma la provenienza spoletina della manifattura: Orsola (VRSVLA) è ampiamente presente nell’Italia peninsulare del primo Quattrocento, soprattutto in Umbria e nel Lazio settentrionale, mentre Linuccia (LENVCIE) trova attestazioni significative nell’Appennino centrale. L’offerente, Orsola, probabile esponente del ceto patrizio, nella dedicazione è denominata come MONIALIS: moniales o sanctimoniales o virgo Dei sacrata erano le pie vedove che si consacravano alla vita religiosa, prendendo i voti e obbligandosi alla clausura. L’intestataria del calice è Margherita (SCE MARGARITE), una santa molto venerata, all’epoca, nel territorio diocesano di Spoleto, e alla quale erano intitolati diversi templi. Può essere identificata con santa Margherita da Cortona (1247-1297) o con santa Margherita di San Severino Marche (1325-1395), entrambe assunte a paradigma di un cammino di santità e conversione vissuto all’insegna della carità: la prima, dopo la scoperta dell’assassinio dell’amante, condusse una vita ascetica; la seconda, dopo la morte del marito, si dedicò a opere di solidarietà.
L’opera presentava una diffusa sporcizia superficiale e lievi disomogeneità nella doratura causate da fenomeni di ossidazione e vulcanizzazione. Il calice è stato smontato in tutti i suoi elementi ed è stato pulito; dopo lo sgrassaggio preliminare, la pulitura è proseguita impiegando solventi (sali di Rochelle), acqua e tensioattivo, quindi diluenti e acetone dati al tampone. Gli smalti, che presentavano macchie, deformazioni e lacune, sono stati puliti e consolidati. Il calice è stato infine rimontato e le sue superfici sono state protette con vernice nitrocellulosica. Dove possibile, le deformazioni sono state riequilibrate ricorrendo a ceselli di legno.
Redazione Restituzioni