Il dipinto, firmato e datato, è collocato sull’altare della cappella posta lungo la navata destra della chiesa, appartenente dalla metà del Cinquecento alla metà del Settecento alla famiglia Cini, e non Cambi come erroneamente viene ricordato da alcune fonti storiche. Giovanni Stradano, fiammingo di nascita, intorno al 1545 circa lasciò la sua città natale iniziando un viaggio in Europa che lo portò prima a Lione, poi a Venezia fino a giungere a Firenze, poco prima del 1554 dove rimase, a parte brevi periodi, fino alla sua morte. Chiamato in città dal duca Cosimo I de’ Medici, che da poco aveva costituito la Manifattura dell’arazzeria medicea per realizzare cartoni per la tessitura di arazzi, riscosse ben presto anche il favore di Giorgio Vasari che lo impiegò al suo fianco, con Agnolo Bronzino, Francesco Salviati e molti altri collaboratori, nelle decorazioni degli ambienti di Palazzo Vecchio. Durante questo periodo dipinse diverse pale d’altare per le chiese fiorentine, in particolare per Santa Croce, Santa Maria Novella, Santissima Annunziata e appunto Santo Spirito. In questa tavola il pittore traduce in immagini un passo del Vangelo di Giovanni (2,13-16) relativo alla cacciata, da parte di Cristo, dei mercanti che profanavano il tempio di Gerusalemme con i loro commerci. La scena ha come fulcro centrale la figura di Cristo, di chiara ascendenza michelangiolesca nella monumentalità della posa e del gesto, intorno al quale ruotano tutte le altre figure, creando un forte senso di dinamicità in uno spazio che vuol essere anche drammatico. L’artista dovette, probabilmente, confrontarsi anche con gli scultori conterranei presenti in quegli anni a Firenze, primo fra tutti Giambologna, evidente nella monumentalità delle figure in movimento che animano la scena sacra. La forte caratterizzazione fisica dei personaggi e la minuta descrizione degli oggetti travolti dai mercanti spaventati e messi in fuga dal gesto imperioso di Cristo, sono descritti con una minuzia di chiara ascendenza fiamminga. La composizione, pervasa da una forte teatralità, costituisce una prova di stile nella resa precisa dei dettagli e nel moltiplicarsi degli scorci, come il tavolo ribaltato dal quale cadono tutti gli oggetti, che paiono sospinti fuori dal dipinto a invadere lo spazio del riguardante.
Il recente restauro ha restituito al dipinto una migliore leggibilità che ci permette di apprezzare la straordinaria e varia gamma coloristica della tavolozza adottata da Stradano. Sono, quindi, maggiormente evidenti i dettagli e i particolari più minuti di cui è ricca la composizione e i numerosi ‘pentimenti’ in corso d’opera, che hanno modificato il progetto originario dell’artista. L’intervento alla carpenteria lignea, con il risarcimento delle fenditure e degli spacchi ha permesso di rendere stabili le varie assi che compongono la tavola, evitando così il movimento che causava stacchi e sollevamenti della materia pittorica superficiale. Mentre il trattamento anossico ha bloccato l’aggressivo attacco degli insetti xilofagi che stavano erodendo l’intera struttura lignea.
Daniele Rapino