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    Busto-reliquiario di san Gennaro; Base con Storie di san Gennaro

    Data: Busto-reliquiario: 1304-1305. Base: 1607-1609 circa
    Artista: Busto-reliquiario: Maestro Etienne, Godefroy, Milet d’Auxerre, Guillaume de Verdelay. Base: Manifattura napoletana
    Nascita artista: Maestri documentati a Napoli rispettivamente tra 1297 e 1305, tra 1297 e 1312, tra 1297 e 1332 e tra 1298 e 1309
    Tecnica/Materiale: Busto-reliquiario: argento sbalzato, fuso, cesellato e dorato; pietre preziose e semipreziose; smalti champlevé su argento Base: argento sbalzato, cesellato e dorato
    Dimensioni: Busto reliquiario: 45 x 54 x 31 cm; base: 31 x 65 x 37 cm
    Provenienza: Napoli, Tesoro Vecchio della Cattedrale
    Collocazione: Napoli, Cappella del Tesoro di San Gennaro
    Edizione: Restituzioni 2008
    Autore scheda in catalogo: Pierluigi Leone de Castris
    Restauro: Giovanni e Lorenzo Morigi, con la direzione di Laura Giusti (Soprintendenza BAPPSAE di Napoli e Provincia)
    Ente di Tutela: Soprintendenza per i Beni Architettonici ed il Paesaggio e per il Patrimonio Storico Artistico ed Etnoantropologico di Napoli e Provincia

    Nel frattempo quando i santi erano arrivati al luogo dove sarebbero stati decapitati, che è alla Solfatara, san Gennaro inginocchiandosi pregò: “Signore, Dio onnipotente nelle tue mani io affido il mio spirito”, e alzandosi prese il suo orarium e bendò i suoi occhi ed inginocchiandosi di nuovo, mise la sua mano sul suo collo e chiese al carnefice di colpire. Il carnefice colpì con grande forza e tagliò allo stesso tempo un dito della mano del santo e la sua testa.   (Atti Vaticani, VIII-IX secolo)

    Scheda breve

    Il prezioso busto-reliquiario, in argento dorato, ospita le reliquie del capo di san Gennaro. Il volto del santo è tratteggiato in modo energico, caratterizzato da profonde rughe; la calotta liscia del cranio è circondata da una corona di capelli ricci. Indossa una sopravveste liturgica (casula) molto decorata, guarnita da innumerevoli smalti e pietre, a simulare un tessuto prezioso. Gli smalti sono di forma circolare (rettangolare sulle “spalline”), opachi, di colore blu e rosso, decorati con gigli e figure di draghi d’oro, su argento champlevé (tecnica per cui lo smalto viene applicato in appositi alveoli scavati sulla superficie metallica). Sul petto, il fondo è inciso con un raffinato motivo a foglie di vite. L’alto colletto è invece in metallo liscio, su cui sono applicati otto compassi a sei lobi, adorni di gemme e affiancati da rosette. Le tondeggianti pietre preziose e semipreziose che costellano la casula (rubini, granati, zaffiri, acquemarine, ametiste, avventurine, coralli rosa, corniole, lapislazzuli, madreperle, quarzi, smeraldi, topazi, turchesi, e altre), con la varietà dei loro colori, sortiscono un effetto di vivace policromia.

    L’alta e ricca base argentea che sostiene il busto presenta, sui lati lunghi, due lastre con episodi della vita di san Gennaro (la Decollazione nella solfatara e il Miracolo del santo che ammansisce le belve nell’anfiteatro di Pozzuoli), e, sui lati brevi, due lastre con ghirlande, puttini e cartocci, sulle quali sono fissate due maniglie.

     

     

    Nel 1304 il re di Napoli Carlo II d’Angiò commissionò la realizzazione di un reliquiario che conservasse i resti del capo di san Gennaro, decapitato a Pozzuoli nell’anno 305. L’opera fu portata a termine nel 1305, anno in cui ricorreva il millenario del martirio del patrono di Napoli, ed è oggi conservata nella Cappella del Tesoro di San Gennaro. L’impresa fu affidata a un’équipe di “aurifrabi regi”, quattro orafi di nazionalità francese, attivi alla corte di Carlo II tra la fine del Duecento e i primi anni del Trecento: il maestro Etienne (forse il maggiore responsabile del progetto e della lavorazione a sbalzo), Godefroy, Milet d’Auxerre e Guillaume de Verdelay. Dall’atelier di corte uscì uno dei capolavori dell’arte gotica europea d’inizio Trecento che, nella sua natura assieme di prodotto di oreficeria e di scultura, stenta a trovare paragoni o precedenti significativi non solo tra le opere d’arte della Napoli angioina, ma anche nel più vasto panorama dell’oreficeria francese e parigina, che dovette certamente rappresentare il contesto di formazione di questi orafi. La forza sta nella sintesi di astrazione linearistica e di energico realismo, di fasto supremo e di sapiente contrasto tra la preziosa lucidità del metallo e il colore degli smalti e delle gemme incastonati.

    Negli anni 1607-1609 il busto-reliquiario fu dotato di una base, di cui è ignoto l’autore. Si tratta di un notevole prodotto dell’oreficeria napoletana d’inizio Seicento, segnato da una cultura tardo-manierista ma già orientata verso il classicismo “devoto” tipico dell’arte riformata.

     

     

    Preliminarmente il busto è stato sottoposto a indagini di fluorescenza X, per acclarare la natura dell’argento di cui l’opera è costituita.

    Le superfici del busto e della base sono state sottoposte a pulitura, ricorrendo a tamponi, impacchi, bastoncelli, pennellini e utilizzando complessanti (Tiourea, EDTA, resine a scambio ionico). Sono state risciacquate con vapore, rilucidate e trattate con vernice protettiva finale. Gli smalti sono stati liberati da vernici applicate in passato, con l’utilizzo di specilli e spazzolini, e consolidati con resina crilica; le integrazioni sono state eseguite con gesso alabastrino levigato e opportunamente colorato. Due pietre mancanti sono state integrate con corniole e due castoni sono stati rifatti. Le rondelle in ottone che fissavano i castoni sono state sostituite con altre in ottone.

     

    Redazione Restituzioni

    Le fasi del restauro

    Prima
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    Prima

    Prima del restauro, particolare della base

    Prima del restauro, particolare del colletto

    Prima del restauro, particolare dei capelli

    Prima del restauro

    Prima del restauro, particolare di uno degli smalti champlevé del busto

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    Video con le fasi del restauro

    Durante il restauro, particolare di uno degli smalti champlevé del busto

    Durante il restauro, fase di pulitura

    Dopo
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    Dopo

    Dopo il restauro, particolare

    Dopo il restauro, particolare del busto e degli smalti

    Dopo il restauro, particolare del busto e degli smalti

    Dopo il restauro, particolare della base con la “Decollazione nella solfatara”, recto

    Dopo il restauro, particolare della base con il “Miracolo del santo che ammansisce le belve nell’anfiteatro di Pozzuoli”, verso

    Dopo il restauro

    Dopo il restauro, particolare

    Approfondimenti

    Restituzioni 2008

    Tesori d'arte restaurati, a cura di Carlo Bertelli, Venezia 2008

    Altre opere dell'edizione

    scultura

    Statuetta femminile panneggiata

    scultura

    Statuetta femminile panneggiata

    scultura

    Capitello di lesena

    scultura

    Statua di Icaro

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