Il Museo Archeologico Nazionale di Venezia, uno dei primi musei pubblici d’Italia e d’Europa, e soprattutto un museo di collezionismo di antichità, costituito grazie alla lungimiranza di due raffinati prelati rinascimentali, Domenico e Giovanni Grimani, che rispettivamente con il legato del 1523 e la donazione del 1587, lasciarono parte della loro collezione di ‘anticaglie’ alla Serenissima, con un gesto che fu espressione al contempo di prestigio, cultura e senso civico.
I trenta bronzetti figurati, oggetto del restauro, sono quasi tutti ex voto di alcune delle principali divinità del pantheon egizio, risalenti all’Epoca Tarda della storia egiziana (712-332 a.C.), eccetto due di epoca romana e due falsi moderni. Sono una testimonianza minore, ma pur sempre significativa, dell’interesse collezionistico, soprattutto tardosettecentesco e ottocentesco, per l’antico Egitto, anche se, in ambito veneziano e veneto, la familiarita con i diversi aspetti dell’antica civilta risaliva, a seguito dei rapporti diplomatici e commerciali con l’Egitto, all’Alto Medioevo e al Cinquecento. Il museo possiede infatti una delle collezioni di antichità egizie ed egittizzanti (per lo piu sculture, bronzetti, gemme, vasi e anche tre mummie) più consistenti fra i musei del Veneto.
Quella offerta dal progetto Restituzioni è stata una importante occasione: infatti una notevole parte dei materiali bronzei del museo e conservata nei depositi. Nascosti da sempre agli occhi del pubblico, meno noti rispetto alle celebri collezioni di statuaria trascurati nei decenni passati, stanno finalmente ‘tornando alla luce’ grazie a nuove attività di ricognizione, con correlati progetti d’inventariazione informatizzata, e a campagne di catalogazione e di studio. Ora un primo gruppo di bronzetti egizi, fra i più bisognosi di ‘cure’, è stato oggetto di un intervento conservativo, per la prima volta documentato e preceduto da una attività diagnostica realizzata con le più avanzate tecnologie.
Michela Sediari