L’iscrizione innanzitutto: «Mercurius e Redempta, possiate vivere». Si tratta di un augurio, incorniciato da due croci latine, rivolto agli sposi Mercurius e Redempta, e sottintende probabilmente il concetto della vita in Cristo. Nulla sappiamo di questa coppia se non che dovettero appartenere ad un ceto sociale abbastanza elevato e facoltoso. La suppellettile infatti è collocabile in un periodo, il V secolo d.C., in cui gli oggetti d’arte suntuaria hanno una diffusione straordinaria in seguito alla formazione della nuova classe dirigente, formata da militari e da membri della burocrazia imperiale. L’ostentazione di oggetti pregiati e costosi rispondeva al desiderio di esibire il proprio nuovo rango agli occhi della vecchia aristocrazia senatoria e a quelli delle classi sociali inferiori. La brocca argentea è stata recuperata nelle catacombe di Ad Decimum, che ricadevano nell’ambito territoriale della res publica decimiensium: organizzate su due differenti livelli, sembra siano state utilizzate tra la metà del III e il V secolo d.C. È presumibile che la brocca facesse parte del corredo sepolcrale che veniva depositato all’interno della tomba, destinata ad uno o ad entrambi i coniugi.
Da un punto di vista formale la brocca ha una fisionomia ovoidale molto allungata. L’ansa, elegante e sottile, termina a forma di foglia lanceolata. Il punto di saldatura odierno (dovuto ad un restauro effettuato probabilmente intorno agli anni ’30 del secolo scorso) non corrisponde a quello originale: l’ansa si doveva innalzare ad arco sopra il livello del labbro per poi scendere e congiungersi con il punto di maggior diametro del vaso. L’orlo, il labbro, parte del collo e l’intero piede sono perduti. Cinque fasce parallele, delimitate da serie di linee sottili in numero di tre, di cui la centrale più ampia ed eseguita a cesello, caratterizzano la superficie compresa tra il collo e l’attacco della spalla. Nella fascia inferiore, al centro del lato frontale della brocca, si trova una croce latina realizzata a bulino e a niello.
La brocca presenta una piccola compressione sulla pancia e fenomeni di fessurazione e distorsione nella parte inferiore, in prossimità della base mancante. Prima del restauro le superfici presentavano uno scurimento diffuso. Un consistente deposito di colore violaceo era visibile su circa metà della superficie esterna: se ne può verosimilmente indicare la causa nell’alterazione di un trattamento superficiale eseguito in passato. Il manufatto era inoltre sorretto da un supporto in plexiglas non idoneo e non conforme all’originale. Le analisi in fluorescenza X-XRF eseguite in più punti hanno permesso di stabilire: la composizione della lamina argentea; la natura e composizione del deposito di colorazione violacea; le caratteristiche dell’ansa, che ha una composizione diversa rispetto al corpo del vaso. La rimozione dello spesso strato violaceo ha richiesto un intervento di pulitura chimico-fisica in più fasi. Si è cercato innanzitutto di ammorbidire lo strato mediante un processo elettrochimico, realizzato attraverso una serie di applicazioni di impacchi di cotone idrofilo imbevuti con acido tartarico al 25% in acqua deionizzata, al di sopra dei quali è stata poi applicata una pellicola d’alluminio che ha consentito una reazione elettrochimica sulla superficie. Lo strato è stato poi rimosso con batuffoli imbevuti in acqua deionizzata. La pulitura finale si è ottenuta attraverso l’azione di batuffoli di cotone e di un impasto di bicarbonato di sodio ed acqua deionizzata, seguita da lavaggi in acqua deionizzata. Su tutte le superfici è stato steso un protettivo, diluito in solvente (Zapon in diluente nitro), al fine di rallentare il processo naturale d’ossidazione del metallo e per evitare il deposito di particellato atmosferico. Si è poi realizzato un nuovo supporto in perspex, che permette la corretta impostazione del reperto e fornisce una lettura più esatta della forma originaria del piede.
Redazione Restituzioni