Il bricco è stato ricavato da un unico blocco di cristallo di rocca di alta qualità, attraverso complesse operazioni di svuotamento e levigatura della superficie interna.
Il recipiente ha la forma di cono rovesciato, presenta un beccuccio molto pronunciato e attorno al collo, liscio e caratterizzato da un anello sporgente, corre un’iscrizione in arabo. Sul corpo è intagliato un motivo a tralci, volute e palmette che racchiude un grande elemento centrale a forma di cartiglio trilobato; due grandi leoni affrontati, di profilo, seduti e con fauci semiaperte, occupano in maniera simmetrica le pareti del bricco.
L’ansa è ornata da palmette e coronata da una piccola scultura a tutto tondo, raffigurante uno stambecco accovacciato, con lunghe corna; una sottile lamina in oro rafforza il manico, al quale è trattenuta da cinque borchie a forma di fiore il cui nucleo è in smalto bianco o rosso. Il piede è in metallo dorato, circolare e liscio, retto da tre piedini decorati da coppie di ali spiegate.
Questo bricco è uno dei più importanti e preziosi manufatti in pietra dura conservati nel Tesoro della Basilica veneziana di San Marco. Quando, nell’Ottocento, il conte Leopoldo Cicognara redasse il catalogo del Tesoro, attribuì all’opera un valore molto alto, al di sopra di ogni altro oggetto in cristallo della collezione.
«La benedizione di Allah sia con l’Iman al-‘Azīz bi llā h »: così recita l’iscrizione dedicatoria sul bricco, in caratteri cufici, ovvero i segni usati nella fase più antica della scrittura araba. Da essa si desume che il pezzo venne eseguito per al-‘Azīz bi llā h,il califfo che regnò in Egitto dal 975 al 996, discendente della dinastia musulmana sciita dei Fatimiti, la quale s’impose su quasi tutta l’Africa del Nord e sulla Siria tra il X e il XII secolo. Si ritiene che l’opera facesse parte del ricco corredo della corte dell’Iman.In particolare, le raffigurazioni zoomorfe (la coppia di leoni intagliata e lo stambecco a tutto tondo) potrebbero voler alludere alla caccia, attività praticata con passione dal califfo fatimita, cui è stato dedicato il più completo testo arabo di falconeria. Il recipiente, con molta probabilità, fu prodotto al Cairo, ove si praticava la lavorazione del cristallo di rocca con estrema dovizia ed eleganza tecnica. La lamina del manico, invece, è probabilmente cinquecentesca, mentre il piede fu realizzato dopo l’ingresso del manufatto al Tesoro di San Marco.
La superficie del cristallo, offuscata a causa di un sottile strato di polvere, è stata spolverata e pulita a tampone, utilizzando compresse di cotone imbevute d’acqua deionizzata e tensioattivo. Anche gli elementi metallici sono stati trattati a tampone; i depositi grassi e cerosi sono stati rimossi ricorrendo a solvente organico, acqua deionizzata, alcol, acetone, trielina. Infine le superfici metalliche sono state disidratate e protette con resina nitrocellulosa.
Redazione Restituzioni