Il “bicchiere” è di vetro incolore, trasparente (con alcuni dettagli in vetro azzurro), ma la superficie esterna presenta un’alterazione che gli conferisce un aspetto opaco di colore bianco-latte. Il suo corpo campaniforme è decorato esternamente da tre file di appliques raffiguranti animali marini. Nella prima fila, partendo dall’alto, vi sono quattro pesci con la bocca aperta. Nella seconda fila si riconoscono un gambero, un pesce, un mollusco cefalopode (seppia o calamaro), un mollusco lamellibranche con conchiglia a due valve scanalate. Nella terza fila è raffigurato un animale d’incerta identificazione: ha un corpo tubolare che si assottiglia a un’estremità ed è avvolto da un filamento a spirale (si è pensato a una murena, o a una conchiglia di gasteropode, o a un anellide marino). Seguono, sulla stessa terza fila, un mollusco lamellibranche con conchiglia a due valve scanalate e altri due animali tubolari uguali al primo. Altre tre conchiglie sono applicate sul fondo del manufatto e svolgono la funzione di piedi di sostegno.
Accanto a una produzione di oggetti in vetro di uso quotidiano, le officine vetrarie di età romana elaborano creazioni di pregio eseguite da artigiani altamente specializzati, oggetti di lusso destinati a una clientela elitaria e facoltosa, caratterizzati da una lavorazione complessa e raffinata.
Tra questi sontuosi vetri vi sono i cosiddetti Konchylienbecher, ovvero “bicchieri” campaniformi, sottili e leggeri, con animali marini applicati: il nostro pezzo appartiene a questa tipologia, e ne costituisce l’esemplare qualitativamente più elevato. La funzione di bicchiere, generalmente attribuita ai Konchylienbecher, è stata messa in discussione: data l’estrema delicatezza e la difficoltà di presa a causa delle numerose appliques, è stato ipotizzato che questi vetri fungessero piuttosto da lampada a olio. La loro realizzazione si colloca in età tardoantica, tra la fine del III e l’inizio IV secolo d.C. Si individua nella città di Colonia, nella Renania, il luogo di fabbricazione e di diffusione dei “bicchieri”, ma non si esclude che essi venissero realizzati in più officine dislocate in diverse aree geografiche.
L’ambiente marino, con i suoi pesci, le conchiglie e gli altri esseri che lo popolano, costituisce un motivo ornamentale frequente e diffuso nel mondo antico pagano. Nonostante il rinvenimento catacombale del pezzo (recuperato nel 1896 a Roma, in un loculo del Cimitero di Callisto), la sua decorazione non sembra riconducibile a un significato simbolico cristiano. I Konchylienbecher, creazioni elaborate e di lusso, venivano piuttosto poste nelle sepolture di personaggi eminenti ed esposte sulle pareti delle catacombe per un’esigenza di individualismo, che sentiva come troppo restrittivi e limitanti i dettami di semplicità e anonimato che avevano caratterizzato le tombe dei primitivi cristiani.
Il reperto è stato scomposto nei suoi vari frammenti, rimuovendo vecchi collanti (una colla a base di caseina e un più recente materiale acrilico) pertinenti a restauri precedenti. La rimozione è avvenuta utilizzando tamponcini di cotone imbevuti di acetone e piccoli impacchi degli stessi materiali. L’incollaggio è stato eseguito impiegando cianoacrilato e resina. Il “bicchiere” è stato inoltre dotato di un nuovo supporto in perspex, costruito in modo tale da non far gravare il peso sui tre piedini a forma di conchiglia.
Redazione Restituzioni