La statua femminile, stante e panneggiata, ha la gamba sinistra leggermente arretrata rispetto alla destra, su cui insiste il peso del corpo. Il braccio destro, probabilmente abbassato e proteso, e il sinistro sollevato, sono stati recuperati solo in frammenti. Athena veste un chitone, a cui si sovrappone un hymation. Sul petto l’egida a bordi molto rilevati e a grosse scaglie con un gorgoneion centrale e lungo i margini spire di serpentelli. La testa manca tutta della parte anteriore con il volto, ed è sovrastata da un elmo attico con figura di sfinge accovacciata, sormontata da un alto lophos ricadente dietro le spalle. La statua può essere utilmente confrontata con altri esemplari di età romana, in particolare la Athena Farnese del Museo di Napoli e la Athena Hope del Museo di Los Angeles.
La statua di Athena è stata rinvenuta nel 1986, nel deposito macerioso che sigillava il pavimento a mosaico dell’aula centrale di un santuario posto lungo il fiume Oglio, poco distante dal centro romano di Civitas Camunnorum. La posizione del reperto consentiva di ipotizzarne la collocazione originaria all’interno di una nicchia posta nella parete di fondo dell’aula. Ulteriori campagne di scavo hanno permesso però di definire con più precisione la morfologia del sito: si è scoperto così che l’edificio di età flavia a cui era stata in un primo tempo attribuita la statua sorgeva sui resti di un più antico santuario, inquadrabile non posteriormente all’età augustea per la costruzione, entro quella giulio-claudia per le attività e l’uso. La migliore conoscenza del contesto ha portato dunque a correggere non solo la datazione della statua, ma anche la sua funzione e il suo significato, che in origine doveva essere legato ad un ambiente ancora non romanizzato. Nel corso della sua storia, la statua si arricchisce così di una forte valenza politica oltre che simbolica, rappresentando non solo la interpretatio romana di un più antico culto indigeno delle acque, comune tra le genti di tradizione celtica, ma anche l’affermazione in chiave ideologica, politica oltre che religiosa, dell’avvenuta piena conquista romana del territorio camuno, e della nuova strada aperta verso le province transalpine. La statua di Breno va dunque interpretata come affermazione di una nuova idea religiosa ma anche di una nuova idea di città. Il carattere della figura, la sua autorità, la sua benevola solennità testimoniano una nuova pace. Così come la collocazione del santuario in un luogo già adibito a tale scopo rappresenta l’esito di un processo che rielabora le realtà ideologiche più antiche del territorio conquistato all’interno di una diversa rappresentazione del mondo.
La statua era già stata oggetto di un restauro nel 1987. La scoperta di altri frammenti appartenenti alla medesima scultura ha posto il problema di un nuovo intervento, anche per correggere e migliorare i risultati, piuttosto aprossimativi, del precedente recupero. Il problema principale, anche di carattere metodologico e filologico, era legato alla presenza dell’elmo, la cui parte inferiore attaccava con precisione alla spalla, sul retro: come ricollocarlo nella sua sede originaria in assenza del volto? Dopo ampie discussioni e una serie di prove, si è deciso di ricostruire opportunamente una serie di modelli di volto di Athena partendo da due esemplari reali, quello della Farnese del Museo Nazionale di Napoli e la Hope di Los Angeles. Il volto più idoneo è stato poi applicato a colmare la lacuna, e oggi la statua si presenta con una compattezza di volume e una completezza che ne facilita la lettura. L’attenzione particolare posta alla struttura dell’opera ha condotto anche ad una revisione complessiva, che ha portato allo smontaggio dei frammenti mal collocati in precedenza e alla riformulazione dell’insieme aggiungendo, nei luoghi opportuni, i nuovi frammenti ritrovati. L’operazione è stata complessa, la più difficile e qualificante dell’intero intervento, ma ha consentito di restituire alla statua un aspetto più omogeneo. Il marmo della statua è stato poi ripulito da ogni traccia organica con un detergente idoneo, Contrad, o con il diluente nitro. Le incrostazioni sono state rimosse per via meccanica, con microtrapani, o con il carbonato di ammonio, combinato con Sali di EDTA, in quantità variabili. Dopo una risciacquatura si è applicato il protettivo silanico Akeogard CO.
Redazione Restituzioni