Un cielo denso e carico di nuvole si spalanca sullo sfondo dell’Annunciazione, illuminata dal fulmineo apparire dell’Eterno Padre che, attorniato da una corona celeste di putti, discende su Maria in forma di colomba dello Spirito Santo.
La Vergine, malinconica e intimidita come non mai, accoglie l’annuncio di un solidissimo Gabriele Arcangelo, che con l’indice puntato verso l’alto vuole sottolineare l’assoluta preminenza della volontà divina, reggendo nell’altra mano, quasi a non lasciare dubbi sulla purezza di Maria, un bellissimo giglio bianco.
La pala dell’Annunciazione, realizzata da Peterzano in seguito a una serie di commissioni per qualificatissime sedi religiose milanesi, è stata pensata per una sede istituzionale altrettanto prestigiosa: il Seminario Maggiore di Milano.
L’opera si inserisce così nel quadro della politica riformistica di Carlo Borromeo, enunciandone i tratti fondamentali e la vicinanza ai dettami artistici post-tridentini, fondati sull’immediatezza e l’impatto emotivo delle immagini religiose. In particolare, il dipinto segue una formula assai efficace in termini di coinvolgimento e suggestione, determinata dall’inquadratura ravvicinata dell’immagine e dalla presenza dei protagonisti in primissimo piano.
Dal punto di vista stilistico, il testo figurativo risente delle influenze veneziane, ma anche di quelle lombarde di Moretto e Moroni, ben visibili nella suggestiva atmosfera brumosa dello sfondo.
La lettura del dipinto, prima del restauro, risultava penalizzata da depositi di nerofumo e pulviscolo atmosferico, dall’ingiallimento delle vernici e da puliture che ne avevano impoverito la pellicola pittorica. Vi erano inoltre ridipinture, eseguite in parte con intento censorio (sul pube del puttino al di sopra della Vergine), riconducibili a un restauro non documentato ma plausibilmente realizzato intorno al 1930, in occasione del trasferimento della tela da Milano al Seminario di Venegono.
Una cornice lignea, non pertinente, nascondeva alcuni centimetri di pittura originale, con effetti negativi specialmente sul lato destro, dove le dita della Vergine venivano coperte, e in alto, dove veniva tagliato il vertice del triangolo dell’Eterno. Il restauro, accanto a un’opportuna re-intelaiatura, si è concentrato sulla fase di pulitura che ha restituito i toni lividi e freddi originari, permettendoci di apprezzare le qualità cromatiche della pittura di Peterzano.
Redazione Restituzioni