L’ampolla è stata rinvenuta sul Celio, probabilmente nel luogo della cosiddetta domus dei Valerii. Varie indagini effettuate in questo sito hanno rilevato la presenza di una lussuosa dimora con più fasi edilizie e hanno portato alla luce pregevole materiale d’arredo, statue, busti, basi onorarie e diverse tavole di patronato in bronzo. È tuttavia necessario uno studio specifico che riesamini la situazione del tesoretto di cui l’ampolla faceva parte, tesoretto ceduto secondo la documentazione corrente per 150 scudi a Benedetto XIV dal Marchese Angelo Gabrielli nel 1757. Ci sono indizi sufficienti per ritenere che l’inquadramento cronologico dell’insieme e delle singole componenti vada riscritto, anche in considerazione della complessa situazione abitativa del Celio, evidenziata da studi recenti.
L’ampolla qui presentata è frammentaria, e conserva soltanto il corpo centrale dell’oggetto originario, mentre il resto è frutto di un restauro moderno. Le due facce presentano ciascuna un clipeo centrale con il busto dell’apostolo Pietro su un lato e di san Paolo dall’altro, delimitati da un sottile cordoncino intrecciato e inquadrati da una fascia circolare con decorazione vegetale. Un ulteriore cordoncino delimita l’intero campo del corpo del vaso. Sui fianchi di esso, fra il piede e il collo vi sono altri ornati fitomorfi.
Gli apostoli, raffigurati di profilo, con il capo nimbato e vestiti di tunica e pallio, sono a rilievo lavorato a sbalzo e rifinito a cesello.
Con altri vasi preziosi ritrovati sul Celio, l’ampolla è riferibile a un contesto cristiano, collocabile tra il pieno IV e i primi decenni del V secolo. L’iconografia degli apostoli, pienamente definita e con l’aureola sul capo, conferma l’ipotesi.
La scelta di rappresentare i busti di Pietro e Paolo sulle facce contrapposte di questo come di altri vasi analoghi può essere allusiva della specularità che è tipica della cosiddetta concordia apostolorum, tematica iconografica che rispecchia un tema centrale della Chiesa dei primi secoli, quello dell’unità nella diversità.
Il corpo dell’ampolla era interamente coperto da varie alterazioni molto scure, di aspetto ceroso. Si notavano alterazioni più consistenti (cloruro d’argento) e altre più sottili e scure (solfuro d’argento). Intorno alla saldatura a stagno del collo si notava una macchia scura. Il restauro ha rivelato che l’alto piede e il collo con orlo estroflesso sono stati probabilmente aggiunti in varie occasioni di restauro.
Si è deciso di asportare le alterazioni con lo scopo di riportare alla luce la superficie originale. Queste le operazioni: documentazione fotografica; pulizia della superficie con solventi organici, alcol etilico puro e acetone; prova di pulitura elettrochimica con acido tartarico al 25% addensata con silice micronizzata applicata direttamente sulla superficie a pennello e coperta con fogli di alluminio per pochi minuti in relazione allo spessore delle alterazioni; trattamento elettrochimico su tutta la superficie; pulitura della superficie trattata a tampone inumidito di una soluzione di alcol etilico denaturato e acqua distillata al 50%; trattamento con EDTA bisodico, carbonato d’ammonio e ammoniaca a pH 10 per l’asportazione di sali di rame; lavaggio localizzato a impacco di cotone inumidito con acqua deionizzata di tutta la superficie; disidratazione a lampada infrarossi; pulitura meccanica a bisturi di alcune incrostazioni più resistenti; rifiniture in alcune zone con incrostazioni scurissime con polish silver foam della Goddhards; pulitura finale; ritocco a puntinato della piccola integrazione con i colori acrilici della Maimeri; protezione finale con Paraloid B72 al 3% in acetone1.
Redazione Restituzioni