L’altare in calcare, a destinazione funeraria, presenta un fusto cilindrico e slanciato, una cornice inferiore e una di coronamento. Sopra il rialzo del braciere (focus) è scolpito un cagnolino accovacciato, fedele guardiano dell’integrità della tomba, con il collo cinto da un collare e del pelame accennato solo sulla sommità del dorso.
Su tutta la superficie del fusto si snoda una decorazione elegante e accurata. Spiccano, nella parte centrale, tre corpose ghirlande di frutta avviluppate da nastri, rette da tre teste maschili, attonite e inespressive.Superiormente, il fusto è chiuso da una serrata corona di grandi foglie, mentre un arioso intreccio di motivi decorativi copre le rimanenti superfici del cilindro: un cratere, delle palmette stilizzate, un virgulto d’edera e uno di olivo da cui si dipartono dei ramoscelli.
Il reperto fu rinvenuto nel 1978 nella necropoli di Altino (Venezia), in località Brustolade. Fu realizzato da ateliers locali ed è databile, per motivi stilistici, tra la fine del I secolo a.C. e gli inizi del I secolo d.C.
Il modello dell’altare cilindrico a ghirlande ha origine ellenistica; a partire dalla fine del II secolo a.C. si diffuse ampiamente nel Mediterraneo orientale e, da qui, nella penisola italica. Il fiorente municipio romano di Altino divenne uno dei maggiori poli di riferimento per l’importazione del modello di questa specifica classe monumentale e, tra gli ultimi decenni del I secolo a.C. e la metà del II secolo d. C., la città lagunare si impose come importante centro di produzione e diffusione di questa tipologia. Le officine altinati rielaborarono il modello greco, realizzando numerosi esemplari dalle caratteristiche ben definite e costanti – ovvero la presenza di teste e busti sia maschili che femminili e il dilagare prorompente di motivi decorativi soprattutto vegetali.
Ad Altino questo tipo di altare svolgeva una funzione esclusivamente funeraria: o veniva usato come cinerario, o – ed è il caso del nostro cilindro – come copertura-coronamento di un’urna a cassetta.
Quando fu rinvenuto, nel 1978, il monumento era fratturato in innumerevoli frammenti. L’opera fu ricomposta mediante incollaggio con colla mastice, ma l’intervento lasciò aperte profonde ed estese lacune ed alcuni frammenti erano mobili; l’altare si presentava fuori asse, il piano di base era instabile e la superfici erano interessate da depositi terrosi, polveri stratificate e colature di mastice.
Il pezzo è stato sottoposto a pulitura ricorrendo a lavaggi, spazzolature, trattamento con prodotto biocida, bisturi, microincisore. E’ stata ripristinata l’integrità della base, incollando i frammenti mobili e stendendo nella profondità delle lacune resina epossidica e inerte di polvere di pietra. Con polvere di pietra e calce sono state realizzate le integrazioni delle lacune e sigillate le linee di incollaggio dei frammenti.
Redazione Restituzioni