Alla presenza di Lorenzo Lotto a Loreto è legata in particolar modo la sistemazione della cappella del coro in cui, intorno alla metà del XVI secolo, erano state adattate le opere pervenute alla Santa Casa dopo l’oblazione del pittore veneto del 1554, realizzate negli ultimi anni della vita, tra cui l’Adorazione del Bambino ricordata da Giorgio Vasari nelle Vite del 1568.
Il ciclo, con storie dell’infanzia di Gesù, comprendente in massima parte realizzazioni menzionate nel Libro di spese diverse – registro di conti e documento della vita errabonda e inquieta dell’artista – era costituito da dipinti differenti sotto l’aspetto cronologico e iconografico. L’Adorazione del Bambino, così come la maggior parte delle tele, aveva subito modificazioni e ridipinture nel momento della sistemazione sopra gli stalli, che hanno resi necessari, nel corso del tempo, provvedimenti di restauro per la salvaguardia di quegli attestati dell’estrema vicenda creativa lottesca.
La lettura del quadro, resa particolarmente difficile da un più invasivo intervento che ne aveva mutato le dimensioni e alterato le proporzioni, con il conseguente squilibrio della prospettiva compositiva originaria, viene oggi sostanziata dall’attuale restauro dopo quello subito nel 1981, quando furono rimosse due tavole che allargavano la tela e il drappo grigio che fungeva da fondale, dipinto grossolanamente, rivelando al contempo un sottostante tendaggio verde e un terzo angelo dietro la Vergine.
La pulitura, che ha restituito il mondo espressivo e la tessitura cromatica propri del linguaggio lottesco seppur crepuscolare, con brani di eccezionale qualità garanti di un’autografia talora messa in discussione, ha permesso altresì di accostare l’esemplare di Loreto al dipinto di identico soggetto conservato al Louvre, di altissima qualità e raffinatezza esecutiva, databile tra il 1535 e il 1538-1539 e ritenuto concordemente dalla critica il prototipo della replica marchigiana, più tarda e qualitativamente inferiore soprattutto a causa delle vicende conservative subite.
Supportato da scarni dati documentari che non consentono di ricostruirne l’esatta collocazione temporale, il prezioso componimento lauretano non permette una puntuale determinazione cronologica anche per le numerose divergenze critiche che fanno oscillare la datazione tra il 1538 e il 1539 proposta da Berenson e il 1554-1556 di Banti e Boschetto. Più probanti e argomentate risultano le correlazioni che situano l’opera, per assonanze stilistiche, nel quinto decennio del XVI secolo avanzate da Mariani Canova, Zampetti (1546-1549), Varese (1548- 1549).
Il tema della prefigurazione e incarnazione ma soprattutto il particolare di san Giovannino che presenta al piccolo Gesù la croce, simbolo del sacrificio di Cristo e della sua missione redentrice, si unisce a quello piu insolito individuato da Berenson dell’ ≪Agnizione del Bambino≫, ossia il riconoscimento della natura divina di Cristo, trattato da Lotto in altri esemplari.
Carica dei più alti valori e contenuti ideologici, l’opera sembra riepilogare i caratteri tipici dell’arte lottesca, ancora latrice di incanto poetico e introspezione psicologica in un racconto devozionale intenso e pregnante di sentimenti.
Maria Claudia Caldari