Sullo sfondo di un solido arcone classico, la Vergine, avvolta in un ampio manto bruno, contempla in ginocchio e a mani giunte il suo minuscolo Bambino, steso per terra su un panno bianco, con il piccolo corpo nudo rivolto verso lo spettatore.
I toni sono freddi, le espressioni tristi, lo stesso panno bianco è chiara allusione al sudario: siamo di fronte a una scena di raccoglimento e consapevolezza, fondata su un escamotage narrativo che anticipa la storia già scritta della Passione. Protagonisti non sono infatti i consueti Re Magi e il loro sontuoso corteo, né i più umili pastori carichi di umanità. Sono invece coloro che già conoscono la storia e se ne rendono testimoni: san Francesco, che ostenta le stigmate come nuovo Cristo; Bernardino da Siena, con i caratteristici lineamenti e, infine, un santo con l’abito scuro in cui è stato riconosciuto Antonio Abate. Alle loro spalle un gruppo di angeli accompagna la scena con la musica celeste degli strumenti a corda, mentre due enigmatiche figure, una femminile avvolta in un manto arancio e una maschile con la testa cinta di alloro, chiudono l’immagine agli estremi.
L’antica attribuzione del dipinto a Mantegna è stata conservata fino al 1860, insieme alla qualifica di “pittura secca”, a confermare le componenti ferraresi e padovane dell’esordio pittorico di Bramantino. Nel dipinto, ormai stabilmente assegnato all’artista milanese, sono stati inoltre riconosciuti i segni della formazione presso la bottega di Butinone, evidenti nell’accentuazione dei panneggi spigolosi e illuminati da guizzi di luce. L’accurata costruzione prospettica e la precisione del disegno architettonico attestano inoltre il diretto confronto con Bramante, che permette di collocare l’opera intorno al 1490. La critica si è a lungo interrogata, in assenza di dati contestuali, sul significato dell’opera, che si distingue per alcune peculiarità iconografiche. Se la donna avvolta nel manto color arancio, posta sulla destra, può essere interpretata come una Sibilla che annuncia la nuova era cristiana, meno esplicito è il ruolo del personaggio a sinistra, con l’alloro in testa, identificato con Augusto o, più plausibilmente, con Apollo, accompagnato dal coro degli angeli musicanti, forse nella prospettiva di una continuità con il mondo pagano ormai in declino.
Il dipinto presentava lievi cadute di colore lungo il congiungimento delle due tavole, sotto l’arcone e sul manto della Vergine; comparivano inoltre piccoli graffi e abrasioni e lo strato superficiale risultava alterato da un generale ingiallimento. Grazie al restauro effettuato, la pittura è stata restituita a una piena e corretta lettura; sono inoltre emersi anche alcuni dati interessanti dal punto di vista storico-critico. Le indagini preliminari, infatti, hanno messo in luce alcuni pentimenti, in particolare nella zona delle mani del personaggio laureato, che teneva in mano forse un bastone anziché una tuba, oltre che l’eliminazione di un capitello scorciato nell’imposta di sinistra. E’ stato possibile, infine, analizzare l’elaborata tecnica pittorica, apparsa ben evidenziata sul saio di Bernardino, dove si è preferito non chiudere alcune lacune che consentono di vedere il tono medio su cui vengono riprese le parti luminose e quelle in ombra, dove sono emersi toni azzurrati.
Redazione Restituzioni