Il gruppo scultoreo si compone di tre figure: un Re Magio collocato sulla sinistra, la Madonna in trono con il Bambino al centro e San Giuseppe sulla destra. Le tre figure, in marmo di Aurisina sono senza dubbio state scolpite per far parte di un unico complesso; a queste la critica ha collegato anche un altro manufatto, il Sogno di Giuseppe, anch’esso in pietra di Aurisina, collocato nella lunetta del portale centrale di San Marco. Non sappiamo invece se gli altri due Magi fossero stati eseguiti e siano andati perduti o se l’esecuzione del gruppo si interruppe prima del suo completamento. I personaggi a tutto tondo sono separati fisicamente, ma uniti dagli atteggiamenti e dagli sguardi, con scarti prospettici segnalati dai gesti che rinnovano lo schema iconografico noto e suscitano nello spettatore un coinvolgimento emotivo. Le statue si caratterizzano per la possente volumetria, il modellato massiccio, le armoniose forme anatomiche e un’acuta descrizione dei dettagli che, insieme alla ricerca di un naturalismo nuovo e di effetti dinamici nelle posture, manifesta la ricezione delle novità dell’arte gotica nascente. La Madonna, nobile e classica, volge di lato il capo incoronato e il braccio libero solleva il manto che scopre il trono, negando ogni ieraticità all’insieme. In braccio a lei il Bambino guarda verso il Magio, inginocchiato di profilo a porgere il dono. Per contrasto, la staticità e fermezza di Giuseppe è sottolineata dalla postura di trequarti, con l’appoggio sul bastone (mutilo) e le gambe allargate, mentre la cordialità della sua indole trova espressione nei tratti del viso e nel gesto spontaneo della mano appoggiata alla guancia.
Questo gruppo scultoreo è stato oggetto di numerosi studi critici che hanno portato alle seguenti conclusioni: si tratta di un’opera del più moderno e dotato dei maestri di formazione antelamica, il “Maestro dei mesi di Ferrara”. L’opera sarebbe stata compiuta a seguito delle imprese decorative della lunetta di San Mercuriale a Forlì e, appunto, dei Mesi della Cattedrale di Ferrara, dopo che lo scultore entrò in contatto con i cantieri gotici francesi. Nel terzo e quarto decennio del Duecento, a Venezia, il Maestro lavorò alla realizzazione di un complesso scultoreo, probabilmente un protiro destinato forse ad un portale della basilica, del quale dovevano far parte tra gli altri l’Adorazione dei magi e il Sogno di Giuseppe. Ancora oggetto di discussione è invece l’assetto originario e la collocazione del gruppo. Non è dato infatti sapere se effettivamente fossero state eseguite anche le figure degli altri due Magi, anche se si può ipotizzare che l’impresa non fosse stata portata a termine e che il “Maestro dei Mesi di Ferrara” si allontanasse presto da Venezia, lasciando a un allievo l’esecuzione del Sogno di Giuseppe. Le sculture potrebbero essere state collocate per breve tempo (o forse mai) all’esterno della Basilica. Sicuramente, verso la fine del Quattrocento l’Adorazione, mutila come la conosciamo oggi, venne trasferita sul portale della chiesa dei Santi Filippo e Giacomo, e da qui, dopo le soppressioni napoleoniche, spostata nel Seminario Patriarcale, dove si trova tuttora.
Il gruppo scultoreo era già stato restaurato nel 1968 dalla Soprintendenza, che effettuò la pulitura e il consolidamento della pietra, la sostituzione del piede destro del Magio, in cemento, con una struttura di sostegno in ottone e lo smontaggio e corretto riposizionamento della sua testa, male attaccata al collo, presumibilmente in un precedente infelice restauro. Prima del restauro oggetto di questa scheda, l’opera di mostrava una forte alterazione cromatica dovuta sia al deposito di polveri sia all’ingiallimento della resina acrilico-siliconica usata nel restauro del 1968, sotto la quale erano evidenti zone con leggere incrostazioni nerastre, tracce di colore e doratura, labili residui della perduta policromia originale. La resina è stata quindi rimossa mediante l’applicazione di una mistura di solventi, che ha restituito alla pietra il suo colore originale e rimesso in evidenza le abbondanti tracce policrome. Si sono poi alleggeriti i consistenti depositi polverosi, circoscritti ad alcune parti della scultura, con impacchi di bicarbonato di ammonio al 5%. La pulitura è stata conclusa con un tampone imbevuto di soluzione satura di bicarbonato di ammonio per le macchie localizzate e le zone più difficilmente raggiungibili, e con la rifinitura a bisturi. Tutta la superficie è stata accuratamente lavata e sottoposta ad impacchi di acqua deionizzata. Il restauratore ha asportato l’ossidazione degli elementi metallici di sostegno con spazzole di metallo e successivamente ha applicato un prodotto passivante. Lesioni, discontinuità e fessure sono state fissate con polvere di marmo e calce idraulica a basso tenore di sali. Infine sull’intera scultura è stato applicato un film protettivo a base di cera microcristallina.
Redazione Restituzioni