Fra i guizzi di luce rosata del cielo sfila il corteo dei Magi, giunti dalle terre d’Oriente per adorare il Messia, secondo un solenne cerimoniale.
Con procedere lento, che ha inizio dal fondo a destra, un nutrito gruppo di figure si avvicina alla scena principale, spostata sulla sinistra in primo piano e ambientata sotto un’umile capanna diroccata. Qui, sopra un tavolato di legno, troviamo la Vergine, vestita di rosso e avvolta in uno splendido manto azzurro cupo, che espone ai Magi un Bambino completamente nudo, a sottolinearne l’umanità e dunque la reale sofferenza al momento della Passione. Di fianco è Giuseppe, assorto in meditazione e quasi stordito dagli eventi, confinato all’estremo margine sinistro, nel ruolo di padre putativo che gli spetta per tradizione.
La scena è scandita in due parti dall’asse frontale della capanna, curiosamente evidenziato da un cagnetto bianco e rossiccio, con tanto di zampa posteriore sollevata. Da un lato, dunque, la consegna dei preziosi doni e la vera e propria adorazione costituiscono il fulcro sacro dell’immagine, che culmina con il bacio del piedino di Gesù; dall’altro lato, invece, il versante profano della narrazione è segnato dal bellissimo cavallo bianco in primo piano, da sempre emblema di vita mondana e, nella fattispecie, della fastosità del corteo regale.
Il dipinto fu eseguito da Tiziano negli anni della maturità (prima del 1564) per il cardinale Ippolito d’Este, ambasciatore alla corte di Francia, per essere a sua volta donato a Enrico II. Ad attestarlo è la bella cornice originale (pagata nel 1565), che nell’elegante intaglio del legno presenta a ogni angolo la H di Henri intrecciata con la D di Diane, il nome della sua amante.
Il dipinto, ora nella Pinacoteca Ambrosiana, non è mai arrivato in Francia, a causa dell’improvvisa morte del destinatario nel 1559. A complicare la ricostruzione storica dell’opera è la presenza di altre tre versioni autografe, distribuite fra l’Escorial, il Museo del Prado e il Museum of Art di Cleveland. La critica ha individuato nella redazione milanese una replica del dipinto dell’Escorial, sulla base di riscontri documentari confermati anche dalle indagini riflettografiche
Il restauro ha permesso di mettere in luce alcuni importanti aspetti stilistici e iconografici dell’opera. In particolare è emerso il dettaglio del cagnolino in primo piano, che sembra sia stato censurato su suggerimento di un austero cortigiano del cardinale Ippolito.
La pulitura effettuata è inoltre servita a evidenziare la tecnica corsiva tipica dello stile maturo di Tiziano, la differenza di stesura e di materia pittorica tra il primo piano e i fondali digradanti, dando risalto soprattutto alla varietà cromatica del dipinto, ottenuta (come risultato dalle indagini di spettrofotometria) con l’utilizzo di lapislazzuli, blu di smalto, lacche rosse e brune, per citare solo i materiali principali.
Redazione Restituzioni