Nel 1596 nasce a Venezia il primo museo pubblico di scultura antica. L’atto iniziale che portò alla sua realizzazione lo si deve al cardinal Domenico Grimani, figura di spicco tra le personalità di umanisti, collezionisti e cultori dell’antico che popolarono i principali centri italiani nel Cinquecento. Con un munifico gesto senza precedenti, nel 1523, pochi giorni prima della morte, il cardinale dispose di lasciare alla Repubblica di Venezia gran parte della propria raccolta di sculture antiche, tra le più ricche collezioni del Rinascimento. Il primo nucleo della raccolta era frutto dei rinvenimenti incorsi durante gli scavi per l’edificazione del palazzo che la famiglia andava costruendo su un possedimento sul versante nord del Quirinale che le fonti cinquecentesche ricordano come “vigna Grimani”, sulla piazza detta allora “Grimana” (oggi piazza Barberini), ed era stato in seguito arricchito con acquisizioni effettuate sul fiorente mercato antiquario della Roma cinquecentesca. Il nipote di Domenico, Giovanni Grimani, a cui fu affidato l’incarico di prendere in consegna temporanea le sculture per farle restaurare e in parte reintegrare da Tiziano Aspetti, dedicò non minore energia dello zio all’incremento della raccolta antiquaria, con nuove importanti acquisizioni. Alcune pregevoli statue votive, rilievi e stele funerarie, giunsero dai territori del Mediterraneo orientale, dall’Attica, dal Peloponneso e dalle isole, prima fra tutte Creta, ove si estendevano i domini e i traffici commerciali della Serenissima. A queste si affiancarono numerosi marmi provenienti da Roma e dal Lazio, così come le sculture e le iscrizioni rinvenute ad Aquileia, sede del patriarcato di Giovanni e luogo ricchissimo di memorie dell’antichità, o ancora da Altino, da Torcello e soprattutto da Adria, dove le terre di proprietà della famiglia restituivano spesso alla luce preziose testimonianze del mondo antico. Consapevole dell’importanza del gesto di Domenico per la gloria della famiglia e per l’immagine stessa di Venezia, nel 1586 Giovanni offrì in dono alla Serenissima gran parte della collezione di sculture, a patto che le opere venissero poste in un luogo pubblico.Duecento pezzi vennero disposti sapientemente nell’antisala, o vestibolo, della Biblioteca Marciana, secondo un allestimento studiato da Vincenzo Scamozzi che adattò allo scopo lo spazio creato da Jacopo Sansovino secondo i suggerimenti dello stesso Giovanni Grimani. Dopo la scomparsa, nel 1593, del patriarca di Aquileia, che seguì personalmente i lavori fin quasi al giorno della morte, il procuratore “de supra” Federico Contarini portò a termine l’impresa dello Statuario, contribuendovi con alcuni pezzi della prorpia raccolta antiquaria. Nel 1596, ultimato l’allestimento dei materiali trasferiti dal Palazzo Grimani di Santa Maria Formosa, venne finalmente inaugurato lo Statuario Pubblico, che tanto avrebbe arricchito la fama e lo splendore di Venezia negli ultimi secoli della Serenissima.Luogo visitato da personaggi come Coryat, Montfaucon, de Brosses e Winckelmann, la sua importanza è comprovata dalla fama degli artisti che nei due secoli di vita dello Statuario si dedicarono al restauro delle statue (Tiziano Aspetti, Alessandro Vittoria, Antonio Canova, Giuseppe Volpato), o che ne subirono il fascino e l’influenza (da Tiziano a Tintoretto, allo stesso Canova).Con il suo carattere continuativo, Restituzioni ha permesso il restauro di molte opere appartenenti allo Statuario Pubblico della Serenissima.