La grande pala d’altare è una delle principali commissioni cui Bernardino Lanino, pittore vercellese allievo di Gaudenzio Ferrari, fece fronte a Milano negli anni intorno alla metà del XVI secolo. Questa tavola, che pertiene da sempre al patrimonio della chiesa di San Nazaro, sistemata dal 1948 a sormontare un altare in marmo di gusto razionalista, fu realizzata per la confraternita del Corpus Domini o del Santissimo Sacramento, attestata in basilica almeno dagli anni venti del XVI secolo. Per gli altari in dotazione a queste Scuole, che praticavano il culto eucaristico, era prevista una pala che illustrasse l’Ultima Cena. In San Nazaro in Brolo, fu per iniziativa di esponenti della famiglia Annoni che dagli anni trenta del Cinquecento fu rifondata e dotata la cappella a sinistra dell’altare maggiore, coperta da un tiburio ottagonale e affacciata sul braccio della chiesa con un prospetto a serliana, secondo il progetto forse dell’architetto Cristoforo Lombardo. Come attestato dalla documentazione archivistica presso la Soprintendenza, la cappella dapprima subì radicali modifiche con il restauro in stile neoclassico dell’interno, curato tra il 1828 e il 1830 dall’architetto Pietro Pestagalli, infine fu eliminata nel 1948, durante i restauri del dopoguerra promossi dal prevosto architetto Enrico Villa che hanno ricondotto la basilica all’impianto ambrosiano.
Giovanni Andrea Annoni, priore della confraternita, intorno al 1550 deve aver commissionato la nuova pala dell’altare a Bernardino Lanino, il quale aveva appena terminato la decorazione dell’oratorio di Santa Caterina adiacente la chiesa, in società con l’altro gaudenziano Giovan Battista Della Cerva. Il dipinto si configura come la prima, pressoché immediata derivazione dal capolavoro dello stesso soggetto dipinto a Milano intorno al 1545 per la chiesa monastica di Santa Maria della Passione dal valsesiano Gaudenzio Ferrari, maestro di Lanino. La pala della Passione, rimasta incompiuta per la sopravvenuta morte di Gaudenzio nel 1546, era divenuta da subito molto famosa. Rispetto al modello illustre, prototipo per le pale degli altari delle varie congregazioni del Corpus Domini, nella tavola di Lanino è introdotto l’episodio della Lavanda dei piedi entro la loggia della veduta urbana su cui apre la finestra. Inoltre, la composi- zione principale è riproposta variando l’impaginato architettonico, meno sviluppato in profondità e senza pareti laterali e copertura, e con i personaggi su piani più ravvicinati secondo una consuetudine del pittore, serrati attorno alla mensa maggiormente dilatata in larghezza. Da par suo Lanino ha qui risolto in modo originalissimo la sua personale assimilazione della cultura artistica leonardesca, articolando con estrema raffinatezza le pacate reazioni emotive degli apostoli, con i rimandi continui degli sguardi e dei gesti in volti ammorbiditi nei contorni dal controllatissimo disegno e completati dalle capigliature direttamente a pennello. Per la cappella di San Giovanni Battista nella chiesa scomparsa di San Giovanni in Conca il pittore dipingerà, tra il 1553 e il 1554, un Battesimo di Cristo, altrettanto intriso di riminiscenze leonardesche (ora Busto Arsizio, battistero di San Filippo, in deposito dalla Pinacoteca di Brera di Milano) e perciò indice della vicinanza cronologica tra le due opere. Verso la fine del sesto decennio del XVI secolo di nuovo ritornerà sul modello della Passione realizzando la tavola per il santuario della Madonna di Oropa, di formato più ridotto e con la variante dello sfondo aperto su un paesaggio.
Dopo la manutenzione straordinaria del 2018, affidata anche allora agli stessi restauratori, l’attuale, complessivo intervento, supportato dalla campagna diagnostica, ha restituito una messe di informazioni che pongono l’opera in linea con la migliore produzione dell’artista. Secondo il procedimento a lui consueto, preceduto senz’altro da elaborazioni grafiche in disegni e cartoni, è stata data un’accurata impostazione preliminare. Incisure sulla preparazione a gesso definiscono sia l’architettura della sala sia gli edifici entro lo scorcio sulla città, così come ingombro e vesti dei personaggi dell’episodio evangelico della Lavanda. I personaggi dell’episodio principale sono stati riportati sul supporto per mezzo del disegno preparatorio che ne ha definito le anatomie e gli andamenti delle pieghe delle vesti e un chiaroscuro ad acquerello ha reso nel dettaglio i particolari anatomici e fisiognomici delle bellissime teste. La pressoché totale mancanza di pentimenti suggerisce l’impiego per il riporto di un precisissimo cartone preparatorio; solo in ultimo il pittore ha aggiunto a pennello il bimbetto nudo seduto sui gradini dello scorcio urbano e il cagnolino in basso. Le architetture dell’apertura sulla città sono risultate coprire il cielo azzurro, segno che Lanino aveva elaborato una prima versione assai più vicina al modello di Gaudenzio, optando poi per una modifica radicale, con la drastica riduzione del cielo a favore dell’inserimento della monumentale, ravvicinata architettura rinascimentale, che non ha quasi termini di confronto nel resto della sua produzione pittorica. È stata recuperata una cromia vivida e brillante, dalla tavolozza molto variata nelle tonalità, rese mediante l’impiego di pigmenti puri o in miscela dispersi in un medium oleoso. Il recupero cromatico ha restituito anche la corretta lettura dei piani di profondità e delle relazioni tra le figure. A dispetto dell’archetipo gaudenziano in Santa Maria della Passione, purtroppo depauperato da maldestre puliture, questo dipinto di Lanino conserva tuttora una qualità pittorica tale da consentire di apprezzare pienamente il ricercato gioco di rimandi cromatici e di vibrazioni luministiche, caratteristiche del maestro vercellese.