La stele funeraria, del tipo a edicola con architrave su alto zoccolo di base, è decorata da una fitta fascia di modanature nella zona superiore del timpano e dell’architrave. Un’evidente asimmetria caratterizza le due palmette ornamentali, lavorate solo nella faccia anteriore. Quella di sinistra è percorsa da incisioni curvilinee che donano un deciso effetto volumetrico, mentre quella di destra presenta una lavorazione più severa. I fianchi della stele risultano uniformemente lavorati con scalpello a denti affilati; sulla base del fianco destro è presente un incasso con il residuo di un sostegno metallico, che fissava originariamente la stele alla sottostante urna ossuario a cassetta. Al centro, dal fondo curvilineo della nicchia, emerge il busto di un personaggio femminile, raffigurato nell’atto convenzionale di trattenere con la destra le pieghe del manto. Il volto fisso della donna,dai tratti fisionomici molto generici, è incorniciato da due bande ondulate di capelli, da cui scendono i tradizionali boccoli binati, secondo la classica acconciatura di ‘Agrippina Maior’, particolarmente diffusa nella ritrattistica provinciale in età giulio-claudia.
La stele fu rinvenuta nel 1975 nel sepolcreto della strada di raccordo tra la via Annia e la via Opitergina presso Altino.
Singolare è, nella parte inferiore della stele, la presenza di un messaggio scritto inciso: il dato è insolito poiché, quando il personaggio rappresentato è uno solo, tale spazio rimane comunemente vuoto, mentre il nome del titolare della sepoltura e dell’eventuale dedicante viene ospitato nella faccia anteriore dell’urna sottostante. Il testo così recita, in modo inconsueto: [H]omuncio Almi / posit / annor(um) XVI, da interpretare come una dedica aggiunta da un giovane schiavo alla sua padrona defunta.
La giovane età del dedicante renderebbe inverosimile l’ipotesi di una committenza della sepoltura da parte dello schiavo per la padrona, poiché difficilmente il giovane poteva aver finanziato un monumento così economicamente impegnativo. È più probabile che il giovane, forse un paggetto, avesse aggiunto il proprio nome a quello della titolare in un secondo momento, approfittando del sepolcro della padrona e dello spazio lasciato libero sotto la sua immagine; in tal caso il significato del testo potrebbe essere interpretato: “Ometto, (schiavo) di Almio, di anni sedici pose (qui le sue ceneri)”.
Del reperto restavano solo due notevoli frammenti relativi alla metà superiore e alla metà inferiore, insieme ad altri due frammenti di minori dimensioni pertinenti al pilastrino di sinistra. Le superfici si presentavano ricoperte da uno strato di prodotti terrigeni ricarbonatati, dall’aspetto irregolare.
Le operazioni di restauro sono iniziate con la rimozione dei prodotti superficiali ricarbonatati e sono procedute con il riassemblaggio dei due frammenti principali grazie a una struttura in acciaio, appositamente progettata, con funzione statica dell’intera stele e di completamento dello zoccolo di base. Sono state poi effettuate le delicate operazioni di integrazione, cui è seguita una stesura finale ad acquerello, per riequilibrare alcune disomogeneità cromatiche.
Redazione Restituzioni