La preziosa situla, ricavata da un unico pezzo d’avorio, è di forma cilindrica e intagliata a basso rilievo con il motivo di cinque arcate a tutto sesto, rette da colonne lisce, che terminano con un raffinato capitello a foglie d’acanto arricciate. All’interno, sotto le arcate, si dispongono i quattro evangelisti, raffigurati seduti e di profilo, intenti a scrivere il testo sacro, identificabili grazie alle iscrizioni che percorrono ciascun arco e ai rispettivi simboli. Gli evangelisti si rivolgono due a due verso la Vergine, seduta in trono, con il Bambino, e accompagnata da due angeli che reggono rispettivamente un turibulo e una situla. Tra un arco e l’altro si notano invece mura turrite, forse alludenti alla Gerusalemme celeste.
Il secchiello è completato da un manico in argento fuso, composto da due mostri serpentiformi e finemente cesellato.
Realizzata con raro virtuosismo tecnico, la situla è registrata negli inventari della sacrestia capitolare del Duomo di Milano già dal XV secolo. Una scritta dedicatoria riferisce l’opera alla committenza dell’arcivescovo Gotofredo, reggente la cattedra milanese tra 974 e 979, in occasione della visita di un “VENIENTE […] CESARE”, identificato dalla maggior parte della critica con Ottone II, vincolando la realizzazione dell’opera a un viaggio dell’imperatore, previsto prima del 980 – anno dell’ingresso trionfale di Ottone II a Milano, successivo alla morte di Gotofredo – e poi annullato. O, in alternativa, alla visita in Italia (978) dell’imperatrice Adelaide, madre di Ottone II.
Forte, dal punto di vista stilistico, il riferimento alle croci pettorali bizantine del IX secolo, ma anche alle facce trapezoidali del ciborio in stucco nella Basilica milanese di Sant’Ambrogio, dove sarebbe rappresentata la famiglia imperiale di Ottone II: tale connessione porrebbe così la situla in relazione al contesto milanese, centro di lavorazione dell’avorio fin dall’età tardo-antica.
La situla si trovava in buono stato di conservazione, con l’avorio segnato appena da qualche incrinatura e lievi scheggiature sull’orlo.
L’intervento ha riguardato sia la parte eburnea che le parti metalliche. L’avorio è stato pulito dai depositi di particellato atmosferico e dai residui di colla di pesce, particolarmente tenaci e diffusi in tutta la superficie, rimossi con bisturi in ebano e stecche di legno più dolce, previa una continua azione di bagnature in soluzione alifatica. Anche il manico è stato oggetto di una accurata pulitura, realizzata attraverso l’asportazione chimica e meccanica delle varie efflorescenze saline, presenti in più punti, nonché dai depositi di particellato atmosferico. La parte metallica è stata infine protetta da una cera microcristallina.
Redazione Restituzioni