Un gruppo di sedici terrecotte, utilizzate come momento preparatorio alle opere definitive, permette di ricostruire il processo creativo di alcuni singolari artisti, che vanno dal Cinquecento alla fine dell’Ottocento. Si tratta di opere originali di Gian Lorenzo Bernini, con la Testa di moro, per la fontana di Piazza Navona, l’indimenticabile Volto di santa Teresa d’Avila e L’angelo con il Titolo della croce e di Alessandro Algardi, autore dei Santi e beati della Compagnia di Gesù, modello per il rilievo in bronzo dell’urna di Sant’Ignazio di Loyola nella chiesa del Gesù a Roma, del San Filippo Neri e l’angelo, di grande sobrietà, e della figura di San Nicola da Tolentino, raffigurato mentre solleva alla Vergine i pani della sua miracolosa guarigione, con ardente espressione del volto. Notevoli sono anche gli altri pezzi: un piccolo San Giovanni Battista di scuola fiorentina, dalla gestualità particolarmente forte, che traduce la sensibilità manierista per la figura serpentinata; la scena con Olindo e Sofronia, opera di forte impronta berniniana; il San Giovanni Battista del maltese Melchiorre Cafà, connotato dal panneggio mosso e l’espressione contemplativa; il piccolo gruppo di Amore e Psiche di Giulio Cartari; l’Allegoria dell’inverno di Camillo Rusconi, rappresentata da un delicatissimo putto che si copre con un drappo; il Ritratto di Benedetto XIII attribuito, in alternativa a Giuseppe o Bartolomeo Mazzuoli, un saggio di eccezionale naturalismo e grande vivacità espressiva. E ancora la replica da Pietro Bracci di Oceano, il cui originale era destinato alla decorazione della Fonte dell’Acqua vergine, su commissione di Clemente XII (1730); il Ritratto di giovinetto attribuito ad Augustin Pajou, piccola terracotta rosa chiaro, di suprema eleganza; il tondo con la Madonna con il Bambino, replica in stucco policromo dell’orginale in marmo di Benedetto da Maiano ora al Metropolitan Museum di New York, e infine la Testa di Bambina, di anonimo scultore, accostabile al gusto eclettico e sentimentale di fine Ottocento.
Il nucleo fa parte della collezione di sculture in terracotta del Palazzo di Venezia, iniziata in concomitanza con l’apertura del museo nel 1916, grazie alla cessione di alcune importanti opere dal Museo di Castel Sant’Angelo e arricchitasi nel secondo dopoguerra attraverso importanti acquisizioni, quali la prestigiosa collezione di Evan Gorga (sequestrata dallo Stato nel 1929), la donazione dei dieci bozzetti appartenuti allo studioso Ludwig Pollak, fra i quali era il Giovanni Battista di Cafà. Dalla collezione Gorga provengono invece la Testa di moro del Bernini e, di Algardi, i Santi e beati della Compagnia di Gesù e il San Nicola da Tolentino. Di particolare interesse sono poi i modelli dall’antico eseguiti nella seconda metà del Settecento dallo scultore e restauratore romano Bartolomeo Cavaceppi, manufatti altamente definiti e forse destinati alla vendita come opere autonome.
Preceduto da meticolosi studi e opportune indagini scientifiche, il restauro è consistito in un vero e proprio momento di conoscenza dei manufatti, sotto il profilo materiale e stilistico. L’intervento ha infatti permesso di svelare particolari sconosciuti, individuare i falsi, recuperare la purezza formale del modellato e la bellezza cromatica delle superfici.
L’insieme delle azioni di pulitura è stato condotto integrando diversi metodi e sistemi: dalla semplice azione meccanica del bisturi all’uso del laser, dalle soluzioni acquose ai solventi organici. L’operazione è stata comunque preceduta da saggi di pulitura ed eseguita in maniera controllata e graduale, mantenendo i materiali estranei quando connotati da un interesse storico; sono state invece rimosse e reintegrate con materiali idonei le vecchie stuccature e le parti risarcite in maniera erronea.
L’intervento ha restituito alle sculture l’originaria plasticità del modellato e la patina superficiale, recuperando anche l’aspetto materico che, non si è voluto in alcun modo modificare attraverso eventuali applicazioni di protettivi.
a cura della Redazione Restituzioni