Il gruppo raffigurante Sant’Anna con Maria bambina, custodito nella chiesa parrocchiale di San Sabino a Gildone (Campobasso), è un’opera attribuibile allo scultore campobassano Paolo Saverio Di Zinno, prolifico autore che nella parte centrale del Settecento si garantisce lungo i percorsi tratturali dell’Appennino abruzzese-molisano e di Capitanata una posizione di preminenza nella produzione di statuaria devozionale, arginando in tali aree lo strapotere delle botteghe napoletane. L’opera, inedita e per il cui studio a oggi non sono state reperite fonti documentali, si rivela come tra le più rilevanti e intense dell’artista: il restauro, grazie a un progressivo lavoro di rimozione degli strati pittorici sovrammessi nel tempo, ha permesso di recuperarne le qualità materiche e i valori formali originari. È ora pienamente leggibile, ad esempio, l’intensa espressività del volto di Anna, incorniciato sapientemente tra le pieghe tormentate del velo giallo e segnato da rughe che ne amplificano la forza dello sguardo, oppure l’estrema delicatezza della piccola figura di Maria, dai lineamenti acerbi sospesi tra infanzia e giovinezza. Cronologicamente il manufatto può essere collocato, sulla base di puntuali confronti con altre opere datate, negli anni sessanta del XVIII secolo, nella fase matura e più felice della produzione dello scultore, in cui leggiadria ancora di spirito rococò e gusto per effusioni sentimentali appaiono temperati da una maggiore ricerca naturalistica.
L’artista si misura con uno specifico tema iconografico relativo al culto di Anna, quello dell’educazione della Vergine, diffuso nel Settecento meridionale quasi esclusivamente in opere pittoriche di formato minore e solo eccezionalmente in scultura. In genere nella statuaria barocca sant’Anna è rappresentata stante, con la Vergine bambina in braccio, o mentre “presenta” Maria giovinetta, indicandola e accompagnandone l’incedere con gestualità didascalica, con riferimento al racconto del protovangelo di Giacomo della presentazione al Tempio. Di Zinno adotta in questo caso una soluzione iconografica di contaminazione del tema dell’educazione con quello della presentazione: Anna è seduta su un ampio sgabello, Maria è in piedi al suo fianco, con il libro tra le mani e la testa china assorta nella lettura. L’insegnamento delle Sacre Scritture è però già compiuto, la Vergine è pronta per essere presentata dalla madre al fedele come consapevole esempio di osservanza religiosa. I gesti eloquenti, ma composti, e le labbra appena socchiuse sottolineano un’atmosfera sospesa: lo sguardo di Anna è rivolto verso il fedele, la mano destra sollevata indica con il segno trinitario delle tre dita aperte la figlia in piedi alla sua sinistra, e con l’altra mano, appoggiata sulla spalla, mostra all’osservatore i risultati del suo magistero. La piccola Maria è infatti raffigurata china, con la bocca appena socchiusa, a “recitare” le Scritture, timidamente, ma con un fare deciso solleva la mano destra in modo declamatorio e con la sinistra sostiene con sicurezza il libro, a dimostrazione di una raggiunta e piena consapevolezza da trasmettere alla comunità osservante.
L’attuale restauro ha permesso di condurre approfondimenti e conseguenti osservazioni che hanno confermato la straordinaria padronanza tecnica dell’artista. Le figure di formato maggiore sono realizzate con elementi di diverse specie legnose, con numerosi pezzi di varia grandezza composti su un nucleo centrale; i singoli masselli risultano scolpiti fuori opera e poi assemblati con colla e chiodi metallici, a riprova della capacità di “prevedere” nei pezzi del puzzle l’opera finita. Si riscontra inoltre l’adozione di accorgimenti quali gli inserti polimaterici e l’uso di tela gessata gualcita, a restituire drappeggi movimentati ed effetti di contrasto chiaroscurale, nonché l’impiego di una tavolozza molto ristretta, nella quale trova spazio in epoca assai precoce anche il pigmento sintetico blu di Prussia.