Al centro della tavola, realizzata a monocromo color bronzo, appare in ginocchio rivolta verso lo spettatore santa Caterina d’Alessandria, con lo sguardo devoto alzato verso il cielo.
Un fascio di luce cade dall’alto sul capo della martire, a spezzare le ruote di tortura poste alle sue spalle, lasciando increduli i carnefici, distribuiti nelle due estremità della tavola. Colpisce la lucida impaginazione compositiva, che rivela una regia attentamente calcolata nella successione dei piani in profondità e nei gesti ritmicamente concatenati dei personaggi, e così anche la fluida e vibrante sottigliezza della stesura pittorica. Le figure sono innervate da una fitta trama di linee, a creare un tratteggio guizzante e nervoso, con un effetto finale di forte drammaticità.
L’accesa fantasia e l’alta temperatura emotiva dell’immagine vanno ricondotte a Gaudenzio Ferrari, artista di grande capacità inventiva. Tuttavia l’esecuzione rivela in certi punti una stesura grafica più piatta, tale da far pensare all’intervento di aiuti. Il candidato più probabile è Bernardino Lanino, stretto collaboratore del maestro a partire dal 1530, momento in cui viene fatta cadere la realizzazione dell’opera. Opera che proviene dalla collezione di Luigi Cibrario, dal quale fu lasciata in eredità alla Società d’Incoraggiamento allo Studio del Disegno di Varallo Sesia, per confluire poi nell’attuale Pinacoteca della città. Mancano testimonianze sul contesto originario dell’opera, che doveva però esser parte della predella di un polittico, come denunciano il formato e la particolare tecnica esecutiva a monocromo. Fra le ipotesi più interessanti va evidenziata quella che vede nella tavola una parte della pala raffigurante le Nozze mistiche di santa Caterina con i santi Giuseppe, Gaudenzio e Agabio, realizzata per l’altare della famiglia Tornielli nel duomo di Novara: opera tra i vertici della produzione di Gaudenzio.
Lungo i lati brevi e su quello inferiore il dipinto presenta le zone a risparmio, destinate a essere coperte dalla cornice originaria, mentre il lato superiore risulta rifilato di due centimetri.
Già oggetto di un restauro ottocentesco, la tavola appariva offuscata da una vernice, che è stata rimossa con solventi; è stata quindi pulita la parte coperta dalla cornice, che risultava pesantemente annerita da sporco e cera: ciò ha consentito di riguadagnare alcune parti dello strato pittorico precedentemente occultate. L’intervento è proceduto con l’asportazione di antichi ritocchi a olio e con l’incollaggio di spaccature, provocate da un passato assemblaggio di chiodatura. Un’ulteriore fase ha riguardato la stuccatura delle lacune, eseguita con particolare stucco in polvere, e l’integrazione pittorica a tono, seguita da verniciatura finale protettiva. Il restauro si è concluso con la rimozione di una vernice applicata sulla cornice di primo Novecento, forse frutto di un intervento di manutenzione risalente al 1980.
Redazione Restituzioni