Su un fondo grigio mosso da pennellate irregolari emerge il ritratto di san Tommaso d’Aquino, ripreso fino alle ginocchia e seduto a uno scrittoio. Una lacrima gli attraversa la guancia, mentre fissa assorto uno splendido crocefisso, che regge delicatamente con la mano affilata.
Il volto, emaciato, terribilmente diafano e appena segnato da una rada barba dorata, è tracciato con pennellate fluide e trasparenti, curato nei minimi dettagli, come le vene che attraversano la fronte e le zone di luce e ombra, stese con una grafia libera, dal tratto più o meno allargato e talvolta incrociato. Notevole, per definizione di dettaglio e taglio di inquadratura, è lo scrittoio con i libri, il calamaio e fogli sparsi, segno dell’intensa attività intellettuale e meditativa del santo.
Il ritratto fa parte del nucleo fondativo della Pinacoteca di Brera, nonostante sia stato a lungo dimenticato. Solo con il restauro, infatti, il dipinto è stato identificato con l’opera indicata al numero 263 dell’Inventario napoleonico, in coincidenza con quanto rinvenuto sul retro del supporto: il “san Tommaso” di cui, fino al 1838, parlavano anche le guide del museo. Negli anni successivi se ne persero le tracce, forse a causa di un restauro in cui il manto venne ridipinto di nero, motivo per cui il santo domenicano fu a lungo scambiato per un benedettino.
La qualità dell’opera fu comunque sempre riconosciuta: accostato all’ambito del Figino per la sua intensa, introversa espressività, spinse i diversi curatori a qualificarla sempre come un ritratto. La paternità di Girolamo Mazzola Bedoli, proposta da Gustavo Frizzoni già nel 1884, ha conosciuto un consenso quasi unanime, come anche la cronologia, fissata intorno alla metà del XVI secolo.
Il restauro ha riguardato dapprima il supporto, per il quale si è provveduto, con molta discrezione, al riallineamento e al risanamento delle fenditure mediante l’inserimento di tasselli di legno di pioppo a sezione triangolare. Per quanto riguarda lo strato pittorico invece, è stato necessario intervenire per risanare alcune mancanze a prevalente andamento verticale e sollevamenti di colore. Garantita quindi la riadesione del manto pittorico mediante colla di origine animale e termocauterio, si è proceduto con un intervento graduale di pulitura e rimozione delle ridipinture ed infine con il risarcimento delle lacune, portate a livello della pellicola pittorica con gesso e colla.
Il recupero estetico è stato eseguito per campiture, colmando inizialmente tutte le lesioni con stesure omogenee in sottotono, rifinite per velature a minuto tratteggio. Una stesura di vernice protettiva ha quindi concluso il restauro, significativo per l’aggiornamento degli studi sulla figura di Mazzola Bedoli.
Redazione Restituzioni