La scultura è collocabile in età augustea-tiberiana (primo quarantennio del I sec. d.C. ). Il ritratto femminile, ad altorilievo, è colto in posizione frontale con spiccata sensibilità naturalistica. Il volto leggermente inclinato, la fronte bassa, le nette arcate sopraccigliari scolpite a spigolo vivo, gli occhi grandi e le labbra serrate: tutto mira all’individuazione, con tratti eleganti, di una figura femminile che si caratterizza, da un punto di vista espressivo, per un severo distacco. Alla plasticità del volto contribuisce anche la resa della capigliatura, secondo la classica variante provinciale della pettinatura alla Agrippina maior, con una riga centrale che divide i capelli in due morbide bande ad incorniciare il volto scendendo ai lati del collo fin dietro le spalle. Accanto all’attenzione per i dettagli espressivi, ciò che colpisce è il senso della profondità che lo scultore riesce a dare a questa testa femminile, che sembra davvero muoversi e avanzare dal fondo.
La testa è inserita in un clipeo con profilo a porzione di semisfera, che presenta una cornice elegantemente decorata a bassorilievo da una corona d’alloro. La corona si diparte dal centro della parte inferiore per concludersi sulla sommità con un motivo ovoidale. Il clipeo ha come base un parallelepipedo a sezione trapezoidale, che doveva fungere da parte conclusiva del monumento sottostante (la base ha gli incassi per i perni). Sulla base, in belle lettere apicate, si ha l’iscrizione con il nome della defunta: “Upsidiae Chomi”. La brevità dell’iscrizione non consente di chiarire se la donna fosse libera o liberta, come sembrerebbe suggerire il cognome, Chome, di origine greca o orientale. Il gentilizio Upsidia invece è noto nella Venetia, dove la gens ha lasciato testimonianza nel bellunese.
Una leggera corrosione superficiale ha dilavato in gran parte la matrice calcarea bianca. Scheggiature erano evidenti evidenti nel naso e in una parte del mento, mentre una larga sbrecciatura interrompe la decorazione della cornice. Incrostazioni calcaree erano presenti sui bordi e sul retro. L’intervento ha provveduto ad eliminare la stuccatura di base e i residui ferrosi. Per limitare la macchia di ruggine nella zona dell’incasso tra la scultura e il monumento sottostante si è utilizzata una protezione con Paraloid al 10%. Con impacchi di soluzioni di carbonato ammonico è stata eseguita la pulitura dei depositi terrosi. Con il bisturi invece sono state rimosse le incrostazioni calcaree e la scialbatura bianca. Un trattamento protettivo con Paraloid al 3% ha completato il restauro.
Redazione Restituzioni