L’opera, suggestiva per l’imponenza delle dimensioni, riluce nella tonalità dominante della foglia d’oro, che brilla su tutta la superficie fino ai dettagli più minuti.
L’opera è composta di diversi registri, secondo la formula tradizionale del polittico. A partire dal basso si trova la predella, con le storie di Cristo, l’Adorazione dei pastori, la Crocefissione e la Resurrezione, alternate a riquadri con i Dottori della Chiesa. Segue il registro inferiore, diviso in tre scene, raffiguranti i santi Pellegrino, Maurizio e Pietro, a sinistra; san Martino e il povero, al centro; i santi Antonio, Sebastiano e Paolo a destra. La fascia superiore presenta invece, al centro, la Vergine in trono, con il Bambino e gli angeli, al momento della sua incoronazione a Regina dei cieli. Ai lati si dispongono le tavole con le sante Lucia, Caterina e Maddalena, a sinistra, e i santi Giovanni Battista, Stefano e Giovanni Evangelista a destra. A coronare il polittico è in alto la cimasa con un Cristo in pietà, ritratto in piedi all’interno di un clipeo, a mezzo busto e con le braccia incrociate, secondo un modello figurativo di antica e consolidata tradizione.
Il polittico si trova ancora nella chiesa dei Santi Martino e Maria Assunta, per la quale era stato realizzato, anche se oggi non è più sull’altar maggiore ma su una parete laterale. La documentazione, piuttosto cospicua, permette di ricavare dati fondamentali circa la commissione a Butinone e Zenale, del 1485, e circa la cornice, commissionata ad Ambrogio de’ Donati e saldata nel 1491.
La critica ha proposto un’interessante lettura stilistica, dove la predella è ascritta a Butinone, fatta eccezione della più moderna Resurrezione, dove è visibile l’intervento di Zenone. A quest’ultimo sono state ricondotte le figure dei Dottori della Chiesa; la tavola a sinistra del registro inferiore; il sant’Antonio nella corrispondente tavola di destra; la tavola delle Tre sante del registro superiore. Nella tavola con la Vergine in trono confluirebbero invece gli interventi di entrambi gli artisti. Aperta rimane la questione, per la tavola contigua, della testa del Battista, di difficile interpretazione. Infine, il Cristo in pietà della cimasa risulta quasi completamente di restauro, privo di elementi sufficienti per un’attribuzione a Zenale.
L’opera presentava gravi sollevamenti e cadute di colore, determinati da variazioni di temperatura e umidità. Ciò era acuito dalla presenza di tarlature, soprattutto nel registro inferiore e nella tavola con la Vergine.
Il restauro si è quindi concentrato nella risoluzione di queste problematiche, provvedendo a risanare il supporto e consolidare il manto pittorico. Un altro aspetto fondamentale ha riguardato la superficie pittorica, la cui lettura risultava ostacolata da uno strato di vernice ossidata, ora completamente rimossa. Il restauro si è rivelato un’importante occasione per riflettere sulla storia materiale dell’opera, e in particolare sull’incorniciatura architettonica: è stato infatti possibile individuare varie interpolazioni moderne e confermare una ricostruzione proposta nel 1982, che vedeva le colonnine binate originali e le mensole reggi-medaglione oggi nel registro inferiore a scandire invece le tavole del registro superiore.
Redazione Restituzioni