Le pitture presentate sono pertinenti alla decorazione di una piccola camera funeraria realizzata all’interno di una grandiosa tomba preesistente nel sito di Qau el-Kebir, l’antica città di Antaeopoli, situata nell’Alto Egitto, a circa 50 chilometri a sud di Assiut. La Missione Archeologica Italiana in Egitto, diretta da Ernesto Schiaparelli, iniziò nel 1905 l’esplorazione e lo scavo di queste tombe, appartenute ai governatori locali e risalenti del Medio Regno (1980-1700 a.C.). Durante la seconda e ultima campagna del 1906 era presente anche il restauratore Fabrizio Lucarini, a cui venne affidata la delicata operazione del distacco di alcune superfici decorate all’interno di tombe gravemente danneggiate, tra cui quella attribuita a Henib, il cui nome è conservato nelle iscrizioni.
Giunte a Torino, queste pitture furono accantonate e divennero oggetto di studio soltanto alla fine degli anni Ottanta, a seguito dell’operazione di rivolto che permise l’identificazione dei testi e il posizionamento dei numerosi frammenti. Nel 1989 la camera funeraria venne ricostruita all’interno del Museo Egizio. Nel 2011, in occasione del progetto di ristrutturazione del museo, che prevedeva la trasformazione degli spazi nel piano ipogeo, questo allestimento fu smantellato. Nel 2015, effettuato il riscontro del materiale ancora inedito proveniente dal sito e considerata la mole di studio necessaria per giungere a una corretta contestualizzazione, solo una piccola parte dei reperti di Qau el-Kebir è stata esposta nelle nuove sale del Museo Egizio.
L’intervento conservativo sulle pitture di Henib, realizzato nell’ambito di Restituzioni, permetterà di riprendere le ricerche sul materiale proveniente da Qau el-Kebir, ai fini di una corretta comprensione e contestualizzazione del medesimo per un futuro allestimento. Infatti, il restauro effettuato sulle pitture ha contribuito in modo importante non solo alla loro conservazione, ma anche ad approfondire e implementare la conoscenza in merito alla tecnica esecutiva e al programma decorativo della sepoltura. L’ambiente da cui provengono le decorazioni è stato ricavato all’interno di un corridoio discendente che dava accesso a una cripta funeraria originale. Tale corridoio venne interrotto trasversalmente, isolandone una parte, creando in tal modo una stanzetta rettangolare. Per la chiusura della parete di fondo venne reimpiegata una delle lastre dell’originale sistema di sbarramento del corridoio. Le pareti e il soffitto della stanza così ricavata vennero poi intonacate e lisciate per consentire la stesura dei testi funerari e delle decorazioni che avrebbero accompagnato il defunto nell’Aldilà. La camera avrebbe avuto un’altezza di almeno 190 cm, una larghezza di 160 cm circa e una lunghezza non inferiore ai 300 cm. Le pitture sono pertinenti al soffitto (frammenti 3 e 4), alle pareti laterali (frammenti 6, 2 e 5) e alla lastra di chiusura (frammento 1).
Il soffitto (frammenti 3 e 4) è diviso in due parti. I testi, scritti in inchiostro nero e rosso in grafia geroglifica corsiva, recano alcune formule dei Testi dei Sarcofagi, espressione con cui si intende una raccolta di brani funerari, scritti principalmente sui sarcofagi, il cui scopo è quello di guidare il defunto nel suo viaggio ultramondano. Le composizioni scelte per le iscrizioni del soffitto, di natura complementare, sono incentrate sulla rinascita lunare e solare del defunto.
Il frammento 6 è pertinente a una delle pareti laterali. Il registro figurato presenta quattro vasi troncoconici dipinti in giallo, decorati da una fascia rossa. Il testo, distribuito in 70 colonne, è redatto in inchiostro nero e rosso, in grafia geroglifica corsiva e comprende brani dei Testi dei Sarcofagi di natura cosmogonica, formule di trasformazione e composizioni concernenti la perdita della testa e la vestizione del defunto.
Lo schema compositivo della seconda parete laterale (frammenti 2 e 5) comprende una ‘falsa porta’ di cui resta solo la parte bassa, forse incompleta poiché non vi sono tracce di policromia o particolari decorativi. Nel secondo pannello (frammento 2) è rappresentata, al centro, una tavola di offerta ricca di provvigioni alimentari. Accanto al supporto della tavola è raffigurato da un lato un alto vaso da libagione utilizzato per il rituale di purificazione delle offerte. Dall’altro lato è presente una breve iscrizione, con segni geroglifici policromi molto accurati, che indica le provvigioni alimentari. Le offerte sono collocate sopra la tavola, dipinte su due livelli differenti.
La lastra di chiusura è conservata in un singolo pannello (frammento 1). Il testo, in geroglifico corsivo nero, è incompleto. In tali iscrizioni è menzionato il nome Henib. Le formule scelte per questa composizione afferiscono al ‘rituale dell’apertura della bocca’, cerimonia molto complessa, praticata allo scopo di garantire al defunto la rinascita e la vita eterna. Il testo presenta particolarità grafiche e di lessico che lo distinguono da quello delle altre pareti. Alla sepoltura afferiscono anche alcuni frammenti di un sarcofago ligneo rinvenuti verosimilmente nello stesso contesto.
Lo studio delle raffigurazioni e l’edizione dei testi della camera funeraria e dei frammenti di sarcofago ha messo in luce alcune differenze nella redazione dei testi. Ciò ha condotto all’ipotesi che si tratti di due diversi cicli, eseguiti forse per due defunti che hanno utilizzato l’ambiente in due fasi successive. Alla prima fase apparterrebbero le iscrizioni del soffitto, quelle delle pareti laterali e di uno dei frammenti di sarcofago. In queste iscrizioni non è presente il nome del defunto per il quale sono state redatte. Tuttavia i pronomi maschili indicano che i testi sono stati stilati per un uomo. Alla seconda fase afferirebbero le iscrizioni della lastra di chiusura e gli altri frammenti di sarcofago. In tali iscrizioni è menzionato il nome di Henib, seguito da pronomi femminili. Non è noto quali fossero le funzioni di Henib. Tale antroponimo, prevalentemente femminile, non è accompagnato da alcun titolo ed è preceduto soltanto dall’epiteto funerario «Osiride».
La diagnostica e l’accurata analisi tecnica hanno dimostrato che, se la camera funeraria è stata occupata in due fasi differenti (individuate in conformità alle diversità nella redazione dei testi), le iscrizioni e le decorazioni di tutte le pareti sono state eseguite con la stessa tecnica: la preparazione è costituita da due strati di differente composizione, quello inferiore di natura carbonatica e quello superiore di natura gessosa. Questo dato tecnico conferma anche i dubbi circa l’estraneità, rispetto a tale contesto, dei testi e delle decorazioni che, nella ricostruzione proposta per l’allestimento del 1989, erano situati nella fascia di cerniera tra le pareti e il soffitto (fregi khekeru e iscrizione). Le analisi ci permettono di affermare che questa serie di pitture non appartiene al medesimo ambiente. Infatti, questi dipinti sono eseguiti con una tecnica differente: le iscrizioni e le decorazioni sono stese su un unico strato preparatorio di matrice carbonatica.
Infine, il restauro delle superfici pittoriche ha portato anche alla definizione di alcune campiture e al recupero di certi segni geroglifici. Ciò renderà forse possibile integrare la lettura di alcuni brani dei testi funerari e procedere con lo studio e l’interpretazione del contesto da cui le pitture sono state strappate.