Questi due manufatti tessili, finora inediti, rappresentano una delle più importanti tipologie di arredi cerimoniali ebraici, quella della tenda (in ebraico parochet) destinata, insieme alla sua mantovana, e secondo una ritualità tuttora in uso, a coprire e proteggere l’armadio santo, l’Aròn ha-Kodesh, entro cui sono conservati i rotoli del Pentateuco.
Il Museo Ebraico di Roma preserva quasi intatta l’intera collezione di tessuti cerimoniali ebraici della Comunità ebraica di Roma, composta da circa ottocento manufatti, giunti fino a noi dall’età del ghetto (1555-1871). Tali arredi, completati da esemplari in argento, venivano donati dalle famiglie più abbienti dell’angusto claustro alle loro sinagoghe di appartenenza a corredo del rotolo della Legge, il Sefer Torah, che costituiva il vero dono. Secondo un’antica tradizione ebraica, tutti questi tessuti preziosi venivano ricamati dalla componente femminile della famiglia donatrice, che voleva così ricordare all’intera comunità la memoria di un defunto o celebrare una festività religiosa o ringraziare il Signore per un pericolo scampato. I più antichi esemplari, in lino ricamato, risalgono alla fine del XVI secolo, tuttavia la maggior parte dei più sontuosi sono databili a partire dal secondo ventennio del Seicento fino ad arrivare a una ricca produzione nel corso di tutto il Settecento. Con i primi venti di libertà, tra la fine del secolo, grazie alla prima Repubblica Romana (1799), e il 1849, con la seconda Repubblica Romana, le più illustri famiglie ebraiche lasciarono Roma per trasferirsi in città più liberali, e diminuirono di conseguenza queste fastose donazioni, per cessare pressoché totalmente con la definitiva apertura dei portoni del ghetto nel 1871: con l’avvento di Roma capitale iniziò l’epoca dell’emancipazione degli ebrei di Roma.
La fabbricazione di tali sontuose macchine cerimoniali tessili (il dono completo comprendeva la mappà, o tovaglia, usata per avvolgere il rotolo pergamenaceo insieme a una fascia più piccola; il me’il, la veste per ricoprirlo; la parochet e il tikkun, il copribalaustra, per gli arredi architettonici) era un lavoro complesso, potendo le ricamatrici utilizzare solo tessuti di seconda mano, spesso pegni non riscossi come abiti da sposa o scampoli di preziose tappezzerie. Il risultato è che il più delle volte veniva riadattato un manufatto di produzione locale e non locale e di epoca anche molto antecedente a quella della realizzazione dell’arredo cerimoniale. Fortunatamente, proprio per rendere noto il motivo della donazione, veniva ricamata sul tessuto, una volta assemblato, l’iscrizione dedicatoria, insieme, in alcuni casi, allo stemma identificativo della famiglia. Come nel caso appunto della parochet e della mantovana donate dalla famiglia Sonnino alla Scola Castigliana nel 1835.
Per realizzare questo importante apparato venne utilizzato un ricco, ma delicato, tessuto di arredamento, forse un baldacchino da letto di epoca seicentesca, probabilmente locale, quindi romano. Su un fondo di taffettà di seta color avorio si sviluppa – su tutta la grandezza del tessuto per entrambi gli elementi che costituiscono l’opera – un prezioso motivo decorativo vegetale: racemi a volute e girali, realizzati ad applicazione di ricamo con canutiglia, oro e argento dorato filato e lamellare a punto posato e cordonetto, si svolgono specularmente su tutta la superficie; dai girali spuntano rose, garofani, petunie, campanule, iris, tulipani, garofani sfrangiati, aperti o in boccio, ricamati con seta policroma a punto pittura, un capolavoro di arte ricamatoria barocca.
Questo prezioso addobbamento en pendant è rimasto nella Guardaroba della Scola Castigliana fino all’anno della sua demolizione, intorno al 1908, e dal 1914 venne destinato dalla Comunità ebraica all’oratorio Di Castro, in via Balbo a Roma, dove è stato sempre utilizzato in occasione di importanti festività fino a pochi anni fa. Per problemi conservativi è stato infine trasportato al Museo Ebraico, dove è attualmente custodito insieme alle altre centoventi parochot della collezione, provenienti dalle antiche cinque sinagoghe di Roma.