Il pregevole dipinto con la Madonna del rosario e santi, già attribuito all’ambito della scuola di Corrado Giaquinto, ha meritato da parte mia – grazie a un pluridecennale studio – una nuova identificazione nel famoso pittore veneto Giovanni Segàla, confermando una consuetudine di rapporti tra Venezia e la Puglia, che parte intensa dal Quattrocento per arrivare nel Seicento, con le opere di Jacopo Palma il Giovane, Leonardo Corona, Alessandro Fracanzano e del figlio Cesare, Andrea Celesti.
Fondamentale, per l’interpretazione del soggetto del dipinto, è stato per me riconoscere i santi protagonisti: la Madonna con il Bambino porge con la mano sinistra un rosario a san Domenico, con la destra sostiene Gesù benedicente, mentre sant’Antonio gli regge il piedino per baciarlo. Al centro della composizione con le braccia aperte domina inginocchiata la splendida figura del vescovo san Nicola di Bari (il cui pastorale è retto da un angelo in volo), alle sue spalle in piedi è l’imponente san Matteo. In basso a destra, in un angolino del dipinto, i tre santi martiri patroni di Bisceglie, Mauro, Sergio e Pantaleone, adoranti.
È subito da sottolineare che nel dipinto è dato ampio risalto sia alla figura di san Matteo con la penna nella mano destra e l’angelo (identificato – attraverso una recente comunicazione orale – con san Girolamo, che rimane incongruo col contesto storico dei documenti), titolare oggi della chiesa, sia a quella di san Nicola, e la motivazione di tale attenzione l’ho dedotta da un documento di archivio che segnala che già dal gennaio 1608 furono unite dal vescovo Alessandro Cospi le due collegiate, quella di San Matteo, di fondazione medievale e a seguito di un incendio ricostruita tra il 1626 e il 1628, e quella di San Nicolò di Porta Ensita, rinnovata nel 1680 e consacrata nel 1692. La storia delle due chiese di San Matteo e di San Nicolò procederà sempre insieme fino alla legge di soppressione del 2 febbraio 1861 e al decreto del 5 giugno 1891 di estinzione della parrocchia di San Nicolò e di trasferimento del titolo all’abate di San Matteo a opera dell’arcivescovo di Trani Giuseppe de’ Bianchi Dottula.
Per inquadrare il dipinto della Madonna del rosario e santi (che si rivela per i suoi elementi stilistici databile tra la fine del Seicento e la prima metà del Settecento) ho consultato i documenti dell’Archivio della Curia Vescovile, dell’Archivio Diocesano e dell’Archivio della chiesa dei Santi Matteo e Nicolò di Bisceglie. Non emerge il nome dell’artista, ma la notizia dell’insediamento del vescovo Pompeo Sarnelli esperto d’arte (1649-1724) con la consacrazione della chiesa di San Matteo il 25 luglio 1692, data in cui sarebbe stato commissionato il pregevole dipinto per l’altare maggiore.
Avendo fissato al 1692 la data dell’arrivo della tela, ho appuntato l’attenzione sugli artisti veneti operanti tra la seconda metà del Seicento e il primo Settecento. Grazie agli studi sempre attuali di Rodolfo Pallucchini, ho identificato l’anonimo con il pittore veneto Giovanni Segàla, molto famoso e pienamente coevo di Pompeo Sarnelli, la cui attività pittorica “aprì la strada al nuovo stile chiarista che avrebbe caratterizzato tutto il secolo successivo, da Giambattista Tiepolo ai Guardi”.
Segnalo, per forti analogie compositive e coloristiche tali da poter attribuire l’opera al Segàla, il dipinto con Santa Cecilia e san Lorenzo Giustiniani in San Martino a Venezia (databile al 1692 ca) e il San Giovanni evangelista e i donatori nella parrocchiale di Dossena (databile entro il 1702).
Un dipinto con una storia travagliata: nel 1758 traslocato per la “ristrutturazione della chiesa di San Matteo”; nel 1900 tolto dall’altare maggiore smantellato e passato in sagrestia; nel 1988 ca collocato in modo maldestro – dopo il restauro fatto a Napoli nel 1967 – nella controfacciata della chiesa sotto il finestrone; nel 2017 trasferito – per i nuovi lavori in San Matteo – nella controfacciata della cattedrale di Bisceglie, e bisognoso, a soli cinquant’anni dal precedente, del nuovo restauro del 2020.