Il dipinto su tavola, trasportato su tela nel corso di un restauro terminato nel 1973, è firmato da Vincenzo Pagani e datato 1517 su un cartiglio sull’alzata del gradino del monumentale trono marmoreo su cui è assisa la Vergine con il Bambino, che domina centralmente la composizione. Ai lati sono due figure stanti ad animare la Sacra Conversazione. Si tratta di san Pietro, a sinistra, e di san Francesco d’Assisi, a destra. Sul gradino del trono sono sparse delle ciliegie, una mela, una pera e un baccello, mentre due angeli seduti sono intenti a suonare un ribechino e un liuto. In basso è come in bilico sul pavimento un’esile candela spenta a segnare il centro della ben calcolata simmetria dell’impianto compositivo. Alle spalle dei protagonisti della Sacra Conversazione si dispiega in profondità uno dei brani paesistici più straordinari tra quelli ricavabili dai dipinti di Pagani. L’ampia veduta spazia fino al mare, solcato da alcune imbarcazioni e inquadrato da colline e vallate dove si ergono borghi turriti, chiese e castelli.
Il dipinto, proveniente dalla chiesa dei frati minori di San Francesco a Corridonia e custodito dal 1952 nella Pinacoteca parrocchiale, costituisce una delle prove migliori della prima maturità di Vincenzo Pagani. Peraltro la vasta produzione del pittore di Monterubbiano e della sua prolifica bottega domina incontrastata nella prima metà del Cinquecento nell’ambito della Marca meridionale e viene a occupare il posto lasciato libero dall’esaurirsi della bottega crivellesca. Il percorso artistico di Pagani è segnato dalla formazione alla prima maturità fino agli esiti finali della sua tarda produzione dal sedimentarsi di riferimenti culturali diversi, assorbiti comunque senza perdere una propria ben riconoscibile identità e coerenza stilistica. Dal ricorso agli abusati stilemi crivelleschi nelle opere dell’esordio, Pagani si orienta nella produzione della prima maturità verso la cultura urbinate e quella emiliano-romagnola, mediata dalla conoscenza di Marco Palmezzano, a cui si sovrappone l’influenza esercitata dalle opere di Perugino e Signorelli e, a partire dai dipinti della seconda metà degli anni Venti del Cinquecento, la ricezione dei modelli raffaelleschi.
La ricchezza e varietà di questi apporti figurativi nella formazione artistica di Vincenzo Pagani si leggono proprio nell’intreccio tra assonanze e chiare derivazioni stilistiche riscontrabili nel dipinto di Corridonia. Sono ancora evidenti le derivazioni dalle opere di Carlo Crivelli nella costruzione delle figure dei santi, nel particolare della candeletta con la sua ombra portata sul pavimento e dei frutti sparsi sul gradino del trono. Pagani propone poi una citazione puntuale dal polittico di San Domenico di Lorenzo Lotto a Recanati nella figura dell’angioletto che suona il liuto in primo piano, mentre per la tipologia del paesaggio è stata rilevata un’ascendenza romagnolo-urbinate di marca melozziana.
Quanto alla travagliata storia conservativa dell’opera, l’intervento di restauro effettuato nell’ambito del progetto Restituzioni 2013 ha tentato di porre rimedio ai notevoli guasti provocati dal traumatico trasporto su doppia tela del dipinto su tavola (1970 ca), che ha determinato con la fermatura a caldo del colore la frammentazione e la cristallizzazione del film pittorico causando innumerevoli microsollevamenti. Naturalmente nel corso dell’intervento si è preso atto anche delle pessime condizioni della tavola precedenti al suo trasporto su tela; in particolare le vaste e ripetute lacune nonché gli innumerevoli ritocchi hanno dato conto di una situazione conservativa già molto compromessa in antico. Così dopo le varie fasi della pulitura e la delicata operazione del consolidamento del colore si è proceduto alla complessa e sensibile operazione del ritocco pittorico attraverso la quale è stata possibile la restituzione di un’unità cromatica e narrativa dell’opera.
Gabriele Barucca
Foto Franco Bartolo