Proveniente dalla chiesa parrocchiale di Vigorovea, non lontano da Padova, oggi la scultura in terracotta policroma si trova nella chiesa cittadina di San Nicolo. Dopo essere stata depositata nell’Archivio Vescovile dal 1954 al 1969, l’opera fu ceduta alla parrocchia di San Nicolo, che chiedeva un’immagine mariana da collocare in uno degli altari ricomposti a seguito di lavori interni alla chiesa.
Assisa su uno scranno all’antica leggermente disassata rispetto al centro, la Vergine trattiene con entrambe le mani il Figlio seduto sulla sua gamba sinistra. Nudo, a eccezione dei calzari, regge un grappolo d’uva, simbolo cristologico ed eucaristico. La Vergine, dall’elegante acconciatura impreziosita dal velo che le scende sulle spalle, indossa una veste rossa, alla quale e sovrapposto un lungo scamiciato dello stesso colore, ornato sullo scollo da una vistosa passamaneria che scende abbondante sui piedi calzati da sandali; un ampio manto azzurro le copre una spalla e le gambe, ricadendo sul seggio.
Messa sempre in relazione dalla critica alla Madonna di Santa Giustina, la terracotta fu dapprima attribuita ad Andrea Riccio, poi a Giovanni da Pisa e negli ultimi vent’anni data in modo concorde al maestro cremasco Giovanni de Fondulis. Alcuni caratteri, tra cui la tipica flessuosità del polso della mano destra della Vergine, la forma del suo viso, i panneggi increspati, sono riconducibili al coroplasta lombardo. Nella scultura sono già presenti i primi richiami alla lezione di Donatello, forse mediati dalla rilettura di Pietro Lombardo, attivo nella città del Santo a partire dalla metà degli anni sessanta.