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    Madonna con il Bambino e i santi Marta, Lazzaro, Antonio da Padova e Rocco

    Data: 1508-09 ca
    Artista: Girolamo di Romano, detto il Romanino
    Nascita artista: Brescia 1484/87
    Morte artista: Brescia 1560
    Tecnica/Materiale: Olio su tavola
    Dimensioni: 156,2 x 154,2 cm
    Provenienza: Brescia, Chiesa di San Rocco (?); famiglia Della Corte; Oratorio femminile di San Rocco (giunto per dono di Flaminia Della Corte, ante 1853); chiesa di San Giovanni Evangelista (dal 1961)
    Collocazione: Brescia, chiesa di San Giovanni Evangelista
    Edizione: Restituzioni 2004
    Autore scheda in catalogo: Rita Dugoni
    Restauro: Garattini & Malzani
    Ente di Tutela: Soprintendenza per il Patrimonio Storico Artistico e Demoetnoantropologico per le province di Brescia, Cremona e Mantova

    Questa malattia non è per la morte, ma per la gloria di Dio, affinché per mezzo di essa sia glorificato il Figlio di Dio. (Giovanni 11, 4) La storia di Lazzaro, fratello di Marta, diventa emblema di ogni storia di malattia e guarigione, come questa raccontata da Romanino con le parole della spiritualità, con l’esempio dei santi guaritori e pellegrini, con l’intervento di Maria, mediatrice fra il cielo e la terra.

    Scheda breve

    La composizione dell’immagine, semplice e regolare, è incentrata sulla Vergine Maria che regge il Bambino sulle ginocchia, assisa su un trono di roccia, con espressione ieratica e concentrata.

    Il gradino erboso, lo schienale e il blocco rupestre la separano dalle coppie di santi che si dispongono a semicerchio, riconoscibili grazie agli attributi iconografici: a sinistra Marta tiene al guinzaglio il malefico drago catturato nei boschi di Tarascona, reggendo con la destra un aspersorio; accanto, confuso a volte con Onofrio o Giobbe, il fratello Lazzaro, la cui iconografia è stata fusa con quella del Lazzaro mendicante citato nella parabola del ricco Epulone: lo vediamo infatti quasi del tutto nudo, con il bastone e il cane intento a leccargli le piaghe, diventando così il protettore dei lebbrosi e dei lazzaretti. Dall’altra parte Rocco, con il bastone del pellegrino, ostenta la propria ferita accanto ad Antonio da Padova con il saio della povertà e il giglio della santità.

    Sullo sfondo il paesaggio si perde nel chiarore azzurro del cielo, illuminato da una luce tersa che cade sugli spigoli delle case, dei tetti, dei campanili e delle torri, marcando il profilo delle montagne in lontananza.

     

     

    L’opera è stata probabilmente realizzata per i Minori Osservanti di San Rocco a Brescia e passata a privati dopo la demolizione dell’edificio nel 1516. Non ci sono infatti testimonianze antecedenti la Guida di Odorici del 1853, che vede il dipinto nell’Oratorio femminile di San Rocco, annesso a San Giovanni Evangelista. Una conferma della provenienza dalla chiesa francescana ci viene dalla presenza del santo titolare; ma anche dal colore grigio del saio di Antonio, dello stesso colore del primo abito dei frati Minori.

    Assegnata inizialmente a Callisto Piazza da Lodi, quindi a Francesco Prata da Caravaggio, l’opera è stata infine attribuita a Romanino da Giorgio Nicodemi (1925): paternità che da allora è stata ampiamente condivisa dalla critica. Per quanto riguarda la cronologia, invece, è stata ipotizzata la fine del primo decennio del Cinquecento, sulla base dell’analisi stilistica che ha fatto emergere la ricezione di Altobello Melone, visibile nella resa espressionistica dei volti.

     

     

    Prima del restauro l’opera versava in pessimo stato conservativo, a causa di diversi fattori: l’attacco di insetti xilofagi sul supporto ligneo; l’incurvamento dovuto alla parchettatura applicata nel 1939; il forte assottigliamento della tavola.

    Dopo una prima fase di consolidamento del legno e l’opportuno trattamento antitarlo, è stato necessario procedere alla rimozione della parchettatura, sostituita da una griglia in carbonio, con specifiche caratteristiche di leggerezza e flessibilità. Altri danni riguardavano la superficie pittorica, incupita da uno spesso strato di vernici alterate e ritocchi vari, che sono stati rimossi. Successivamente sono state eliminate le vecchie stuccature, reintegrate le lacune più profonde con nuove stuccature ed infine effettuata la fase del ritocco, eseguito a tratteggio. Il restauro è stato completato con la stesura di un nuovo film di vernice protettiva, che ci consente di leggere più correttamente il testo figurativo del giovane Romanino.

     

    Redazione Restituzioni

    Le fasi del restauro

    Durante
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    Durante

    Particolare della tavola

    Particolare durante il restauro

    Particolare durante il restauro

    Particolare durante il restauro

    Particolare durante il restauro

    Dopo
    Dopo

    Dopo il restauro

    Approfondimenti

    Restituzioni 2004

    Tesori d'arte restaurati, a cura di Carlo Bertelli, Vicenza 2004

    Altre opere dell'edizione

    glittica

    Gruppo di quattordici gemme e un vetro dorato

    scultura

    Stele funeraria di Lisandra

    scultura

    Statua di Gigante anguipede

    scultura

    Statua di Gigante anguipede alato

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