La Vergine Maria, rappresentata a figura intera, con il Bambino fra le braccia, si staglia contro un cielo chiaro, dalla luce nitida, popolato da una corona di putti, disposti a semicerchio attorno alle sottili aureole di Madre e Figlio. La Vergine, simbolicamente incoronata Regina dei cieli, inclina con dolcezza il capo verso il Bambino, con espressione assorta e soave, come sublimata dal suono celeste dei due angeli musicanti che contemplano la scena in primo piano. Alle spalle del gruppo un muretto sbrecciato, con cespugli di vegetazione tra le pietre, separa la sacra visione dallo sfondo naturale, con il fluire del fiume che lambisce una città turrita e si perde in lontananza verso il profilo azzurro delle colline. L’immagine fonde così, armonicamente, simbologia e naturalismo, celando la sottile trama di valori simbolici sotto il velo di un paesaggio liricamente interpretato.
Il soggetto, una colta meditazione sul tema dell’Incarnazione del Verbo, raccoglie una fitta trama di suggestioni iconografiche, di chiara matrice spirituale: dal motivo della colonna, associata a Maria, desunto dal repertorio degli inni sacri, all’ambientazione della scena sacra in un paesaggio “moralizzato”, cioè intessuto di simbologie cristiane, secondo i più aggiornati canoni della pittura devozionale cinquecentesca.
Opera di grande raffinatezza, dai colori limpidi e brillanti, la tavola è ora concordemente assegnata a Bernardino Zaganelli. Tale attribuzione ha tardato ad affermarsi, generando una complessa vicenda critica, che ha visto intrecciarsi i nomi dei tre più noti artisti originari di Cotignola – i due fratelli Francesco e Bernardino Zaganelli e il più giovane allievo Girolamo Marchesi – cui la pala è stata alternamente assegnata, fino al 1965 quando venne definitivamente ricondotta da Renato Roli alla mano di Bernardino, negli anni intorno al 1506-1507, sulla scorta di affinità con il coevo San Sebastiano della National Gallery di Londra firmato dal solo artista, realizzato per la chiesa del Carmine di Pavia.
La lettura dell’opera risultava compromessa da un film bruno giallastro, costituito da depositi di polveri e da una vernice ossidata, nonché dalla presenza di ridipinture alterate. A peggiorare la situazione era inoltre la rigidità della struttura di contenimento applicata sul retro del supporto (parchettatura), da subito eliminata con il restauro e sostituita con un nuovo telaio di contenimento.
Ovviato il problema del supporto, si sono rese necessarie le operazioni di pulitura della superficie pittorica, con un intervento diversificato. E’ quindi seguita la stuccatura delle lacune e un’equilibrata reintegrazione pittorica. La pellicola pittorica è stata infine protetta con un film leggero e continuo di vernice sintetica applicata a pennello durante le fasi intermedie e per nebulizzazione al termine dell’intervento.
Redazione Restituzioni