Su una soffice corona di nubi attorniata di putti e angeli, appare la delicata Vergine Immacolata, con la corona di dodici stelle, le mani devotamente incrociate sul petto, tutta avvolta in un manto azzurro acceso. Il volto si inclina con grazia e lo sguardo si abbassa dolcemente verso i santi del primo piano: Carlo Borromeo, a sinistra, in abiti cardinalizi, con il profilo che si perde nello sfondo; Martino, sulla destra, con la lancia in mano del cavaliere e un vistoso manto giallo e, in secondo piano, Felice, nella veste di padre cappuccino, circondato da un alone di luce, con il crocefisso in mano, a segnalare la profonda inclinazione cristologica della sua fede.
La scena è ambientata in uno spazio terreno, dove i santi poggiano su un piano segnato da un gradino, un angelo regge un libro aperto sul quale spicca il motto Humilitas e una colonna delimita lo spazio sul lato sinistro. La visione sacra si apre dall’alto, dove è visibile l’immagine Dio Padre, che irrompe fra i raggi luminosi con la colomba dello Spirito Santo, come in un abbaglio che sconvolge il cielo abitato di angeli.
L’attribuzione a Mattia Bortoloni risale a Nino Carboneri (1971) che ne ha sottolineato l’evidente carattere veneto. A confermare l’ipotesi è soprattutto la presenza dell’artista a Mondovì, chiamato a dipingere la gran volta del santuario di Vicoforte, ai tempi del vescovo Carlo Felice San Martino di Castelnuovo, committente della tela per la propria cappella nella cattedrale. La presenza di Bortoloni a Mondovì va spiegata con il legame, risalente ai primi anni Quaranta, fra l’artista e Felice Biella, attivo al cantiere del santuario negli anni precedenti l’arrivo di Mattia, assieme a Giuseppe Galli Bibiena, Sebastiano Galeotti e altri pittori. Morto Galeotti, è probabile che Bortoloni sia stato chiamato, tramite il suggerimento di Biella, a sostituirlo come pittore di figure. Cade evidentemente in uno o più dei quattro anni di impegno pittorico per il santuario anche la realizzazione della tela, per quanto non siano sinora emersi documenti diretti a questo proposito, né sia possibile stabilire con maggiore precisione l’ambito cronologico.
La pulitura della superficie pittorica ha rivelato in pieno le affinità con i dipinti del santuario, soprattutto nella figura della Vergine, carica di grazia ed eleganza, non immemore della lezione di Giambattista Piazzetta.
Il dipinto era stato oggetto di un precedente intervento di restauro, forse risalente agli anni Sessanta del Novecento. Durante questo intervento vennero effettuate diffuse ridipinture, ora rimosse.
Il nuovo restauro è stato completato da un intervento di rimozione dello strato di polvere depositatosi, che ha consentito di apprezzare la squillante gamma cromatica originale, ma anche di constatare il buono stato della pellicola pittorica e del supporto, se pure segnato da una fenditura accidentale a sviluppo verticale nella parte bassa.
Redazione Restituzioni