Le cosiddette tovaglie “alla perugina” sono quelle opere tessili a occhio di pernice, in lino bianco con bande di colore, solitamente blu, o decorate con motivi geometrici, animali e vegetali, diffuse dalla fine del XIII fino al XVII secolo.
I due frammenti, inediti, pertinenti a due diverse tovaglie sono stati rinvenuti in pessime condizioni conservative nell’ormai lontana estate del 2009, all’interno di casse di zinco, in occasione della ricognizione delle reliquie di cinquantasette corpi santi, riposti nella cripta della collegiata di Santa Maria Assunta a Otricoli. La preziosa stoffa fu utilizzata per avvolgere le ossa dei compagni di san Medico († 172 d.C.) riutilizzando due tovaglie, da cui furono tagliati due pezzi di tessuto, poi cuciti per realizzare una borsa per contenere le reliquie. L’epoca del reimpiego risale verosimilmente al 1611, quando sotto la tribuna della chiesa di San Vittore furono scoperte le sepolture di “sancti Medici cum pluribus”, poi traslate nella collegiata. In quell’occasione, le fonti raccontano che i corpi santi furono riposti in sacchi di tela bianca, poi effettivamente ritrovati nel 2009 insieme al sacco realizzato con i bordi di due tovaglie “alla perugina”, pertanto è lecito supporre che le tovaglie fossero originariamente pertinenti all’altare della chiesa di San Vittore o di quello della collegiata. A seguito del restauro si è notato che la stoffa risulta cucita da una mano inesperta che eseguì un lavoro improvvisato, reimpiegando, tra l’altro, il tessuto al rovescio. Ciò dimostra che la borsa fu realizzata al momento della traslazione, impiegando due vecchie e consunte tovaglie d’altare, immediatamente disponibili in chiesa e, non più utilizzabili, atte a garantire una custodia degna alle reliquie, considerata l’importanza che la religione cristiana attribuisce ai corpi santi.
Un uso liturgico delle due tovaglie è giustificato anche dall’iconografia, che rimanda alla simbologia cristiana delle origini: su una delle due bande principali sono raffigurati due cervi accasciati, un’immagine alquanto rara, mentre sull’altra appare una decorazione più comune e con un significato simbolico affine, ossia due volatili anch’essi affrontati all’albero della vita, iconografia di antica tradizione mesopotamica e iranica, poi diffusasi in Occidente tramite le stoffe islamiche. Dei due uccelli, uno è facilmente identificabile con un pavone, l’altro potrebbe essere una fenice, per la lunga coda e soprattutto perché il famoso uccello mitico di solito è associato al pavone. Il pavone, il cervo e la fenice sono animali che simboleggiano la Resurrezione.
L’unicità di tali frammenti tessili è data dal fatto che sono eccezionalmente riconducibili al loro contesto originario, mentre nella maggior parte dei casi questi manufatti provengono dal collezionismo che, a partire dalla seconda metà dell’Ottocento, rivolse l’attenzione verso la cosiddetta cultura materiale e le arti applicate, tra cui rientrano anche le tovaglie “perugine”.
La datazione proposta al XV secolo è dovuta ad alcune similitudini riscontrate con altri esempi, ma resta dubbia perché, a oggi, manca uno studio dettagliato dei reperti esistenti che consenta confronti utili a determinare la cronologia.
Resta aperta, allo stato attuale degli studi, anche la questione sull’origine dell’industria tessile perugina che ha appassionato la critica nella prima metà del Novecento. Le testimonianze iconografiche rintracciate dagli studiosi, dalla Messa di san Martino affrescata nella chiesa inferiore di San Francesco di Assisi da Simone Martini, all’Ultima Cena raffigurata dal Ghirlandaio nel convento di San Marco a Firenze, dimostrano che la maggior parte delle attestazioni si ritrovano in ambito centroitaliano a partire dal XIII secolo, solitamente nelle raffigurazioni dell’Ultima Cena o altri episodi sacri, ed è in Umbria che è stato rinvenuto un numero consistente di esemplari. Tuttavia, in assenza di documenti che dimostrino l’esistenza di un’industria tessile a Perugia sin dal XIII secolo, gli studiosi hanno ipotizzato per questa tipologia di manufatti una produzione domestica, considerato l’uso di fibre prodotte localmente e di poco pregio e la decorazione per trame lanciate e serrate ottenibile con telaio a quattro licci, applicabili a quelli presenti all’epoca in molte abitazioni. A Otricoli nel corso del XVI secolo, nei corredi delle doti femminili, si trovano di frequente in elenco tovaglie “perugine” che insieme ad altri preziosi oggetti indicavano lo status sociale di chi li possedeva, segno della fama ormai raggiunta da questi manufatti, ancor oggi tanto noti, quanto poco studiati.