Come narrano gli Atti degli Apostoli (1, 9-12), quaranta giorni dopo la Resurrezione, dal monte degli Ulivi Gesù sale verso il cielo, sparendo dietro una nuvola. Due angeli si rivolgono agli apostoli dicendo loro: “Uomini di Galilea, perché guardate verso il cielo?”. La nostra miniatura mostra dunque correttamente Cristo nell’alto tra due angeli, con i piedi poggiati sulla nuvola. Egli è raffigurato frontale entro la mandorla luminosa e seduto sul semicerchio, in apoteosi come nell’iconografia bizantina del Giudizio universale. Sembra in atto di benedire, ma con la mano sinistra. Insolitamente, la nuvola mostra di traverso un volto umano. Gli apostoli astanti raffigurati sono quattro da un lato e tre dall’altro, degli undici rimasti dopo la morte di Giuda. Si tratta dunque di una versione reinterpretata dell’iconografia antica dell’Ascensione, che si evolverà nel Quattro e Cinquecento occidentale in commistione con la raffigurazione della Resurrezione.
La miniatura è ambientabile a Venezia e riferibile al cosiddetto Giustino di Gherardino da Forlì. Tale nome di autore – miniatore o copista – sinora non altrimenti noto in soscrizioni o documenti, si legge nel Graduale realizzato nel 1365 per la veneziana Scuola Grande di Santa Maria della Carità conservato a Venezia, Biblioteca nazionale Marciana, Lat. II, 119 (= 2426). All’interno del corpus, articolato e disomogeneo, raccolto intorno a questo nome, la miniatura in esame si può accostare in particolare proprio alle modulazioni raffinate di quel Graduale: analoghe le tracce di iconografia bizantina, una resa morbida del chiaroscuro che si nota soprattutto negli incarnati e nelle pieghe delle vesti, e la lumeggiatura caratteristica dei nasi lunghi. Non manca in entrambi uno spirito spigliato e un certo gusto della deformazione espressiva. Gli allungamenti delle figure e delle loro mani, i volti con i nasi appuntiti, la resa in profilo dei personaggi mostrano come il miniatore sia aggiornato sulla pittura veneziana di Lorenzo Veneziano.