L’Italia è stata la prima Nazione a inserire nella propria Costituzione, tra i principi fondamentali, la tutela del paesaggio e del patrimonio storico e artistico.
Intesa Sanpaolo, la principale banca del Paese, ispirata da un radicato senso di responsabilità verso il bene pubblico, è impegnata in prima linea nella salvaguardia delle opere d’arte italiane, vulnerabili perché minacciate dal tempo, dalle calamità naturali e dall’azione dell’uomo che rischiano di cancellare un patrimonio insostituibile.
Restituzioni è il programma di restauri che Intesa Sanpaolo ha creato, nell’ambito del proprio Progetto Cultura, per la tutela e la valorizzazione della ricchezza artistica e architettonica nazionale.
Si tratta di un’iniziativa avviata nel 1989 dal Presidente dell’allora Banca Cattolica del Veneto, Feliciano Benvenuti, che promosse il restauro di dieci opere in collaborazione con tre Soprintendenze venete. Da allora la banca ha progressivamente esteso il progetto in tutta Italia e, da quattro edizioni, anche all’estero (quest’anno in Francia e in Brasile), fino a farlo divenire il più importante programma di restauri a livello mondiale.
Il progetto Restituzioni, in trentatré anni di attività, ha complessivamente interessato più di duemila beni, che ormai formano una sorta di antologia dell’immensa eredità d’arte e di storia custodita nel nostro Paese.
Gli interventi di questa XIX edizione, avviati nel 2019 e portati a termine attraverso le difficoltà dovute alla pandemia nei primi mesi del 2022, hanno riguardato quasi novanta nuclei di opere provenienti da oltre ottanta musei, chiese, luoghi di culto e siti archeologici di ogni regione italiana.
Anche in questa occasione, come in tutti i casi precedenti, la banca ha operato in stretta collaborazione con il Ministero della Cultura e con le istituzioni preposte alla tutela dei beni culturali (Soprintendenze, Direzioni regionali musei e Musei autonomi). Restituzioni rappresenta un esempio paradigmatico e virtuoso di concorso tra soggetti privati e pubblici nel perseguimento di un obiettivo di interesse comune, come è quello della difesa del patrimonio culturale della Nazione.
Circa cento storici dell’arte sono stati coinvolti nello studio dei manufatti, il cui recupero è stato affidato alle cure dei più prestigiosi laboratori italiani di restauro, tra cui l’Opificio delle Pietre Dure di Firenze, l’Istituto Centrale per il Restauro di Roma e la Fondazione Centro Conservazione e Restauro “La Venaria Reale”.
Il risultato di questo lavoro corale è la “restituzione” alla collettività di un insieme di opere, che si presenta come un’insolita e irripetibile “galleria” di pitture, sculture, ceramiche, oreficerie, disegni e tessuti: tutti non solo di indiscussa bellezza, ma anche di pregnante significato per le comunità di appartenenza. Sono manufatti artistici che coprono un arco di tempo che va dall’antichità all’epoca contemporanea, creati tanto da pittori e scultori di fama quanto da artigiani anonimi seppur non meno rappresentativi del talento italiano. Si spazia da un gruppo di specchi bronzei del VI-V secolo a.C. provenienti dalla necropoli di Locri, alla Campana di Luigi Mainolfi degli anni settanta del Novecento conservata nella Galleria d’Arte Moderna e Contemporanea di Torino; dagli affreschi pompeiani ai preziosi manoscritti della Divina Commedia della Biblioteca Universitaria di Bologna e ai dipinti di Giusto de’ Menabuoi, Giovanni Bellini, Vittore Carpaccio, Cima da Conegliano, Pellizza da Volpedo, Umberto Boccioni. Vi compaiono inoltre oggetti di interesse storico come il mantello indossato nel 1805 nel Duomo di Milano da Napoleone per l’incoronazione a Re d’Italia insieme alla corona, allo scettro e alla mano di giustizia, provenienti dalla Pinacoteca di Brera di Milano, e il quattrocentesco velo funebre del cardinale Castiglioni dalla Collegiata di Castiglione Olona. Restituzioni offre l’opportunità non solo di scoprire tesori del tutto sconosciuti, ma anche di richiamare l’attenzione del più vasto pubblico sui borghi e centri minori che li custodiscono e che sovente sono, essi stessi, autentici scrigni di storia e cultura.
Nel corso degli interventi di restauro, lo studio storico-critico delle opere si intreccia con l’analisi e l’approfondimento di ordine tecnico-scientifico, realizzando quell’approccio multidisciplinare che rende l’esperienza italiana nel campo del restauro tra le migliori al mondo. Secondo tradizione, tutti i dati emersi dalle ricerche sono resi noti agli studiosi e al pubblico con apposite pubblicazioni.
I duecento manufatti interessati dalla XIX edizione – cioè tutte le opere “salvate” –, prima del loro definitivo ritorno alle sedi di appartenenza, sono presentati in una mostra conclusiva, intitolata La Fragilità e la Forza. Con questa esposizione si inaugura la nuova sede museale della banca a Napoli, allestita su progetto dall’architetto Michele De Lucchi, nell’imponente palazzo del Banco di Napoli in via Toledo. Una felice e non casuale coincidenza, poiché Restituzioni e le Gallerie d’Italia sono le due più importanti e longeve iniziative del Progetto Cultura di Intesa Sanpaolo.
Giovanni Bazoli Gian Maria Gros-Pietro
Presidente Emerito Intesa Sanpaolo Presidente Intesa Sanpaolo
La Fragilità e la Forza. Restituzioni 2022 a Napoli
Non è questa la prima volta che un’edizione di Restituzioni, la grande rassegna con cui Intesa Sanpaolo presenta al pubblico le opere di cui ha sostenuto e curato il restauro, viene a Napoli. La mostra di oggi si distingue dalle precedenti, come anche – oserei dire – da ogni altra mostra realizzata in Italia, specialmente perché “riscopre” un edificio monumentale di pregio del Novecento, posto nel cuore della città e che conclude un periodo di storia, incominciato nel 1539, quando i luoghi pii divennero Banco di Napoli.
L’architetto Michele De Lucchi, autore del progetto di questo allestimento, oltre che del progetto museografico delle nuove Gallerie partenopee, si è reso subito conto di quanto la severa e “littoria” architettura di Marcello Piacentini, in cui la mostra andava ospitata, sarebbe stata l’opposto di una manifestazione incentrata sulla varietà e la curiosità.
Queste difficoltà sono state di stimolo all’architetto, cui dobbiamo l’idea di un’esposizione concepita come una città, dove ogni “casa” ospita un restauro e ne espone i problemi. Abbiamo così una mostra plurale, nella quale gli oggetti, a volte davvero splendidi, non sono arredamento, bensì testimoniano una grande ricchezza di storie e di luoghi. Infatti, da molto tempo non basta più la presentazione di “prima” e “dopo”, tenuto conto che ogni restauro è portatore di un complesso di significati.
Il restauro è oggi andato ben al di là del quesito elementare di un tempo. Si pensi, per esempio, alle nuove domande sollevate dallo studio dell’underdrawing, ovvero del disegno preliminare successivamente nascosto dalla pittura.
Di tutto ciò rendono conto le mostre dei restauri di Intesa Sanpaolo, le sole a toccare l’intero territorio della penisola con la sua enorme varietà di epoche, tecniche e scuole.
Come sempre, Restituzioni presenta anche un’opera unica per la sua complessità. Tale è indubbiamente il polittico dipinto da Giusto de’ Menabuoi per il battistero di Padova, che si compone di ben cinquantadue immagini, popolate da figure tra le quali una vecchia tradizione volle riconoscere i ritratti di Dante, Petrarca e Boccaccio.
Credo sia opportuno ricordare le grosse difficoltà che gli organizzatori hanno incontrato lavorando in piena pandemia. Né il morbo ha risparmiato tante persone che, fino a poco tempo fa, contribuivano al vivace panorama culturale italiano. Il loro ricordo è tuttora presente.
Carlo Bertelli
(dal catalogo Restituzioni 2022)
Restaurare un Pianeta
La diciannovesima edizione di Restituzioni presenta un numero di opere restaurate ingente come mai finora nelle precedenti, a testimonianza di un costante percorso di crescita in termini quantitativi.
Ci si domanda allora se la stessa crescita sia riconoscibile anche in termini qualitativi, e in che senso potremmo valutarla secondo parametri di questa natura. Certamente e in primo luogo, per un’operazione di restauro costituiscono un traguardo importante i miglioramenti di carattere tecnico. Nell’ambito internazionale della conservazione si compiono in continuazione nuove ricerche, alcune originate propriamente nell’ambito specifico, altre che vengono cooptate nel restauro ancorché nate in contesti e con finalità diversi. Queste ricerche riguardano sia i materiali da impiegare nelle varie operazioni di restauro, sia le tecniche della loro applicazione, sia le strumentazioni tecnico-scientifiche che offrono un indispensabile supporto, e che forniscono strumenti sempre più sofisticati in funzione della diagnostica artistica, ai fini delle analisi chimiche, fisiche, biologiche e mineralogiche. Ma in questo caso, quando parlo di una crescita in termini qualitativi, mi riferisco a fenomeni di natura differente, e tenterò di articolare il ragionamento. Il restauro viene comunemente considerato un’attività di nicchia, sicuramente affascinante ma che in fondo coinvolge numeri relativamente ridotti nei confronti di altre occupazioni che appartengono alle civiltà contemporanee. Difficilmente il restauro, se non per alcuni grandi interventi a carattere architettonico, è tale da muovere importanti flussi economici, da creare lavoro in quantità massiccia, da provocare avanzamenti significativi di un’economia locale. Ci si domanda allora quale identità esso possa rivestire nel mondo attuale, oltretutto caratterizzato da alcuni fenomeni sicuramente inediti nella forma in cui oggi si presentano: ne menziono qui soltanto due, la globalizzazione e la rapidità inedita con cui nuove attività e scoperte scientifiche irrompono nel panorama planetario. (…)
Un intervento di restauro comprende in sé una serie di valori che appartengono alle qualità più nobili del genere umano: a cominciare dallo straordinario accumulo di esperienze, conoscenze e saperi che caratterizza un’operazione conservativa, dalla comunione e incontro fra tradizione e innovazione, fra sensibilità personale e oggettività scientifica… tutto questo fa sì, io credo, che anche i restauratori che per la specificità del loro lavoro operano in solitudine su un oggetto di modeste dimensioni, magari nel loro piccolo laboratorio personale, si sentano in qualche modo parte di un ingranaggio più grande, addirittura cosmico, del quale partecipano non meno di tanti altri. (…)
Il restauratore, dunque, è un interprete non soltanto dei micro- ma anche dei macrofenomeni; la sua è un’importante coscienza critica, che può incidere anch’essa nel contesto generale delle attenzioni alla salute del Pianeta prestate da altre competenze professionali. Del resto, negli ultimi decenni, il restauro si è progressivamente impegnato ad abbattere sempre più le componenti metodologiche e materiali che comportavano rischi per benessere e salute sia dell’operatore sia dell’oggetto trattato; secondo un assioma che conferma i vantaggi reciproci per l’uno e l’altro: quanto giova alla salute del manufatto giova anche a quella del restauratore. (…)
Il restauro, dunque, sta facendo la sua parte per ridurre gli elementi di sofferenza che affliggono il nostro Pianeta, in sintonia con gli indirizzi che ormai buona parte della popolazione mondiale pretende vengano osservati. Sappiamo che questo processo non si compie né da parte di tutti i governi né con la convinzione e le tempistiche auspicate. Occorre dunque mantenere un’attenzione vigile e avvertita, esercitare per quanto possibile da parte dei gruppi di opinione le pressioni opportune sui decision makers. E comunque, si deve e si può registrare con apprezzamento che alcuni Soggetti fra i più influenti nelle scelte di indirizzo di una Nazione hanno imboccato percorsi da considerare certamente definitivi.
Si può concludere sommessamente che il restauro in realtà aveva già intrapreso importanti trasformazioni in queste direzioni, e aveva indicato nuove vie per coloro che avessero prestato attenzione a questi fenomeni, e manifestato la volontà di agire concretamente a vantaggio di tutti, nell’ottica della sostenibilità delle tecnologie, del riutilizzo dei materiali, dell’impegno nella circolarità delle risorse. Anche dal restauro dunque, che qui a Napoli presenta gli splendidi risultati del suo ultimo ciclo di interventi, è possibile ottenere informazioni, esempi, indicazioni utili e importanti, tali da offrire contributi reali al miglioramento delle condizioni attuali e future del nostro Pianeta.
Giorgio Bonsanti
(dal catalogo Restituzioni 2022)
Restituzioni. Uno sguardo al futuro
La XIX edizione di Restituzioni lascia ancora una volta stupefatti per la capacità di questo progetto di cogliere le infinite sfaccettature con le quali si manifesta il patrimonio artistico italiano. Sono presenti anche nella rassegna di quest’anno opere iconiche e oggetti sacri di raffinatissima fattura, tavole, tele e sculture dei più grandi artisti, ma anche più semplici e quotidiani manufatti che raccontano la loro storia singolare, lunga, complessa, talvolta addirittura misteriosa. A tutti il restauro consente non solo la conservazione, ma anche una ampliata conoscenza storico-artistica e materiale, assicurata dalle indagini preliminari e dagli studi specifici condotti in occasione dell’intervento, come preziosa e indispensabile dote, anche per le future manutenzioni. E così il catalogo delle opere restaurate da Restituzioni, crescendo di anno in anno, è ormai arrivato al numero di circa 2000 interventi.
Mentre questa edizione veniva preparata, all’inizio del 2020 è scoppiata la pandemia, che ci ha costretto a prendere atto senza nascondimenti della estrema fragilità degli equilibri naturali, economici e sociali nel mondo, e dell’urgenza di pensare a un nuovo patto tra l’umanità e il suo maltrattato e sfruttato ambiente basato sugli obiettivi di sviluppo sostenibile dell’agenda ONU 2030.
Anche il mondo dei beni culturali ha reagito alla pandemia e maturato strategie di adattamento e sviluppo a fronte dei cambiamenti: e così digitalizzazione, transizione ecologica, prevenzione, sostenibilità sono tra le parole chiave anche del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) in tema di cultura, che a sua volta si relaziona strettamente alle politiche in campo europeo varate con la strategia Green Deal e il programma NextGenerationEU. (…) gran parte del territorio italiano è disseminata di comuni di piccole e piccolissime dimensioni, molti dei quali, in particolare quelli situati lungo la dorsale appenninica, hanno subito a partire dall’ultimo dopoguerra un progressivo spopolamento con conseguente impoverimento delle aree rurali e abbandono del patrimonio costruito; pochi abitanti residenti, per lo più anziani, sono rimasti a presidio di questi borghi, dedicandosi ai tradizionali mestieri legati all’agricoltura e alla produzione di prodotti tipici, mentre nell’ultimo decennio in particolare la bellezza dei borghi e dei paesaggi intatti ha attratto il turismo dei cammini storici, del benessere, delle escursioni culturali alla ricerca dell’Italia antica e genuina.
È stato però proprio il periodo pandemico a far comprendere in pieno come questa Italia dei Borghi, incastonata nella più ampia varietà di paesaggi e ancora legata alla propria storia e alle tradizioni delle quali è sempre rimasta la più autentica interprete, al di là delle attività legate al “turismo lento”, conservi ancora le caratteristiche di base per offrire nuova residenzialità, nuove occupazioni, nuova vita.
Si tratta di un patrimonio diffusamente presente nel territorio italiano, che può conquistare un futuro rinnovato, se sostenuto da incentivi indirizzati verso la rigenerazione intesa in tutta la sua complessità, fisica, storico-culturale e sociale: in primo luogo pensandone il ritorno alla vita ordinaria, quotidiana, con persone e famiglie residenti, per le quali è indispensabile creare quelle condizioni di occupazione senza cui ogni opera di restauro e riqualificazione del costruito risulterebbe vana.
(…) Restituzioni ha sempre praticato un rapporto di grande apertura verso luoghi lontani dai più importanti circuiti dell’arte, e scoperto manufatti e storie del tutto nuovi e affascinanti. In questo suo percorso fondamentale riferimento è sempre stato, e rimarrà, la capillare conoscenza che, unita alle specifiche competenze disciplinari, le Soprintendenze assicurano lungo tutto il territorio italiano. Ma le Comunità di eredità possono costituire un ulteriore, vivificante interlocutore per il progetto Restituzioni: esse ci mettono di fronte a inedite prospettive per il patrimonio, che grazie al loro apporto crediamo emergerà con sempre maggiore presenza creativa dalle nicchie più nascoste del nostro infinitamente sorprendente Paese, aprendosi ad ambiti di conoscenza ancora da esplorare e sperimentare; sono infatti ormai destinate a moltiplicarsi, in particolare in quella che abbiamo chiamato Italia dei Borghi, costituendo una vera risorsa – finora inesplorata – per arricchire il catalogo del patrimonio italiano.
Carla Di Francesco
(dal catalogo Restituzioni 2022)